Tupperware e l’emancipazione femminile: storia di una piccola rivoluzione

La multinazionale americana Tupperware, oggi in crisi, non ha solo offerto una soluzione per la conservazione degli alimenti, ma ha anche contribuito al percorso di autonomia delle donne degli anni '50 

Jan 23, 2025 - 04:50
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Tupperware e l’emancipazione femminile: storia di una piccola rivoluzione

Ci sono oggetti di uso quotidiano che nascondono storie inaspettate, prodotti semplici, spesso dati per scontati, che hanno invece influenzato la nostra società. Non sono state solo le grandi invenzioni industriali o tecnologiche a lasciare il segno. Anche una semplice ciotola di plastica può innescare un cambiamento. È il caso di Tupperware, i contenitori per alimenti per antonomasia. All’inizio degli anni ’50 l’azienda americana, con i suoi party di vendita in casa, offrì a migliaia di donne un’alternativa al ruolo di casalinga, aprendo a molte la strada verso l’autonomia economica e l’emancipazione. Tupperware trasformò una sfida di mercato in un’opportunità per le donne, anche grazie al lungimirante contributo di una pioniera delle vendite.

Dopo essere arrivata in quasi 100 Paesi in tutto il mondo, lo scorso settembre la multinazionale, in crisi da anni, ha avviato una procedura fallimentare, ricorrendo al Chapter 11, la legge statunitense sui fallimenti. Ma la storia non si cancella: oltre ad aver inventato una soluzione innovativa per la conservazione del cibo, Tupperware ha anche contribuito al percorso di emancipazione delle donne americane attraverso i suoi famosi “home party”.

La storia di Tupperware

È il 1946 quando il chimico Earl Tupper fonda l’azienda in Massachusetts. Poco dopo la Grande Depressione, l’uomo aveva trovato lavoro presso la società chimica DuPont. È qui che, mentre crea stampi di plastica, ha l’intuizione di trasformare i residui di polietilene (un materiale fino ad allora usato più in ambito militare che domestico) in contenitori per alimenti, resistenti e leggeri. Tupper si ingegna anche per progettare una chiusura ermetica, ispirandosi ai coperchi delle lattine di vernice.

Nasce così la Wonderlier Bowl, il primo prodotto dell’azienda, la “ciotola meraviglia” che avrebbe potuto aiutare le famiglie del dopoguerra a ridurre gli sprechi e risparmiare denaro. L’idea è ottima, si distingue subito nell’industria della plastica, ottiene riconoscimenti nel design, ma non ha il successo commerciale sperato. Tupper scegli i canali di vendita tradizionali, negozi e grandi magazzini, ma i contenitori di plastica con quella insolita chiusura non fanno breccia tra i consumatori abituati ai barattoli di vetro. A risollevare le vendite e cambiare il destino dell’azienda sarà una donna, Brownie Wise, madre single, divorziata, ex rappresentante della Stanley Home Products. Si deve a lei il modello di vendita che ha trasformato Tupperware in un fenomeno commerciale e culturale.

Brownie Wise e la sua ingegnosa strategia di marketing 

Tupper ideò gli innovativi contenitori in plastica, ma fu Wise a portarli nelle case degli americani. Classe 1913, Wise era già una venditrice esperta prima di incontrare Tupper. Lavorava per un’azienda che vendeva prodotti per la pulizia attraverso il modello “party plan”, organizzando incontri tra amiche e conoscenti. Ambiva a far carriera ma il suo datore di lavoro, Frank Beveridge, le disse che il management “non era per donne”. Così decise di mettersi in proprio, creando la sua attività di vendita, la Patio Parties.

Alla fine degli anni ’40, Brownie Wise iniziò a reclutare e a formare altre donne per organizzare presentazioni a domicilio dei prodotti Tupperware. Offrì loro una nuova prospettiva: non più casalinghe dedite solo a faccende, marito e figli, ma lavoratrici. E l’idea funzionò. Le Wonderlier Bowl andavano a ruba. Wise e il suo team vendevano più dei negozi. Visto il successo, nel 1951, Earl Tupper assunse la venditrice come vicepresidente del marketing, affidandole la nuova divisione Tupperware Home Parties. I prodotti furono ritirati dai negozi e venduti solo attraverso quegli incontri casalinghi.

Un modello di successo

Wise riuscì a rendere familiari i recipienti per alimenti e a divertire le partecipanti con le sue dimostrazioni spettacolari, come il lancio di contenitori pieni d’acqua per provare la tenuta ermetica del coperchio. Aveva ripreso il modello di vendita a domicilio della Stanley Home Products e lo aveva rivitalizzato mettendo in primo piano le donne, che rappresentavano al tempo stesso il mercato e le venditrici ideali dei nuovi prodotti. Più che una semplice presentazione di merce, ogni incontro era una vera e propria festa e un’occasione di socialità. Wise coinvolgeva le venditrici, le incoraggiava a creare comunità, a migliorare e condividere i loro successi. Il suo motto era: “Crea le persone e loro creeranno il business”.

Così esplosero la popolarità e le vendite dei prodotti Tupperware, che nel 1952 superarono i 2 milioni di dollari e due anni dopo raggiunsero i 25 milioni. Dal 1954, Wise iniziò a organizzare anche i Jubilee, convention annuali in cui si celebravano i successi aziendali e si premiavano le venditrici migliori. La rete contava 20.000 persone. Lo stesso anno, Wise fu la prima donna ad apparire sulla copertina di BusinessWeek. Poco tempo dopo, arrivò anche a raccontare le sue imprese nell’autobiografia “Best Wishes, Brownie Wise”.

Nonostante i successi, il rapporto tra Tupper e Wise si incrinò e finì in modo brusco nel 1958. Wise fu costretta a lasciare l’azienda, licenziata, si dice, perché distoglieva l’attenzione dal prodotto, ma i party in casa erano ormai esplosi, grazie a migliaia di donne che in quelle riunioni di salotto avevano trovato una fonte di realizzazione, autonomia e guadagno.

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