La Consulta boccia il referendum sull’autonomia differenziata

La Consulta non ammette il referendum sull'autonomia differenziata, passano gli altri quesiti in materia di cittadinanza, Jobs Act, contratti e infortuni.

Jan 21, 2025 - 10:18
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La Consulta boccia il referendum sull’autonomia differenziata

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito referendario sull’autonomia differenziata, mentre ha promosso gli altri cinque quesiti su cui era chiamata a pronunciarsi in sede di referendum.

Tutti quesiti di sicura importanza, che riguardano materie come il lavoro e il diritto di cittadinanza, ma la sentenza più attesa era certamente quella sull’autonomia differenziata.

La sentenza sull’autonomia differenziata

A novembre, con un’altra decisione, la stessa Corte Costituzionale aveva bocciato molte disposizioni contenute nella Legge sull’autonomia differenziata (che andranno quindi riviste dal Parlamento), che intaccano l’impianto stesso della riforma, perché fra le altre cose mettono in dubbio la possibilità di delegare alle Regioni intere materie invece di specifiche competenze.

Quella sentenza aveva fatto temere per l’ammissibilità dei referendum, che in effetti avrebbero riguardato una legge su cui deve nuovamente intervenire il Parlamento. La Corte di Cassazione aveva però stabilito che il referendum, pur a fronte di questa inedita situazione, poteva essere ammesso. Ora invece la Consulta prende una decisione contraria.

Non ritenendo chiari l’oggetto e la finalità del quesito (non si conoscono al momento le motivazioni estese), viene pregiudicata la possibilità di una scelta consapevole dell’elettore e il referendum rischierebbe di risolversi in una scelta generale sull’autonomia differenziata.

In pratica, sarebbe percepito come un referendum non sulla specifica legge 86/2024, ma sull’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che prevede la possibilità dell’autonomia differenziata.

I referendum ammessi

Gli altri cinque quesiti sottoposti al parere della Consulta sono invece stati ammessi.

Voteremo quindi sulla cittadinanza dopo cinque anni di residenza in Italia, sull’abrogazione del contratto a tutele crescenti previsto dal Jobs Act, del tetto all’indennità per licenziamento ingiustificato nelle piccole imprese, di alcune disposizioni relative ai contratti a termine, e infine sulla responsabilità solidale per infortuni sul lavoro. Ecco nel dettaglio che cosa riguardano:

  • dimezzamento da dieci a cinque anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana (se vincesse il sì, basterebbero quindi cinque anni di residenza in Italia per poter chiedere la cittadinanza);
  • abolizione del contratto a tutele crescenti: è la norma del Jobs Act che ha eliminato il reintegro sul posto di lavoro per i licenziamenti senza giusta causa;
  • eliminazione del limite massimo di sei mensilità all‘indennizzo per licenziamento illegittimo nelle piccole imprese;
  • abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi;
  • responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni sul lavoro (il quesito mira ad eliminare la norma che esclude la responsabilità solidale).

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