Cosa dice la lettera di John Lennon a Eric Clapton del 1971

È stata messa all’asta, con un valore di partenza tra i 100000 e i 150000 euro, la bozza di una lettera datata 29 settembre 1971 in cui John Lennon chiede a Eric Clapton di unirsi alla sua band dal vivo. La missiva, già nota dal 2012 e di cui la versione definitiva non è mai pervenuta (né è noto se sia stata mai effettivamente recapitata al destinatario), risale al periodo in cui i coniugi Lennon si erano appena trasferiti a New York, da cui l’ex Beatle non avrebbe più fatto ritorno fino alla tragica scomparsa nel 1980. Siamo nelle settimane immediatamente successive alla pubblicazione di Imagine (avvenuta il 9 settembre di quello stesso anno in America; in Uk sarebbe uscito poco dopo, l’8 ottobre), album di grande impatto commerciale destinato a far salire le quotazioni di Lennon come artista solista, dopo un avvio di carriera ancora incerto (dei Quattro, il successo immediato lo aveva raccolto l’underdog Harrison con l’epocale All Things Must Pass). Dopo un 1970 quasi in sordina, trascorso a combattere i propri demoni affidandosi anche alla terapia dell’urlo primordiale di Arthut Janov (sublimata nel capolavoro John Lennon / Plastic Ono Band), John è adesso galvanizzato dalle sedute di registrazione del nuovo disco, da diversi progetti artistici collaterali (il film Fly, citato anche nella lettera) e in generale dalla nuova vita che gli si prospetta oltreoceano, al punto che adesso pensa seriamente, per la prima volta, di tornare in tour anni dopo l’ultimo giro di concerti dei Beatles (1966; quello sul tetto della Apple fu un happening estemporaneo, come si è sempre saputo). Con la supervisione di Phil Spector, ha già convocato i fedelissimi Jim Keltner (batteria), Nicky Hopkins (tastiere) e Klaus Voorman (basso), tutti già alla corte di George e/o presenti in Imagine e l’ex Cream, che al momento non se la passa troppo bene a causa di una pesantissima dipendenza da alcol e eroina, potrebbe completare il dream team per il grande comeback dal vivo. È questa la parte certamente più interessante della lettera indirizzata all’amico e chitarrista con cui, si ricorderà, John aveva lavorato significativamente in passato: prima insieme ai Beatles in studio per While My Guitar Gently Weeps nel White Album, poi nel supergruppo estemporaneo Dirty Mac (con Mitch Mitchell e Keith Richards) per il film Rock And Roll Circus dei Rolling Stones; un’esperienza così elettrizzante che avrebbe perfino voluto chiamarlo nei Beatles come sostituto del chitarrista titolare durante il suo temporaneo abbandono nel gennaio 1969 (come si vede in Get Back), finendo comunque per convocarlo per il concerto a Toronto nel 1969 come membro della Plastic Ono Band, con cui incide il singolo Cold Turkey, figurando anche in un concerto al Lyceum Ballroom di Londra (poi pubblicato in Some Time In New York City). Nelle otto pagine autografe messe all’asta, Lennon si mostra estremamente empatico e cauto, consapevole del momentaccio che Clapton sta trascorrendo (anche lui e Ono, non troppo tempo prima, avevano avuto problemi con le dipendenze): “Entrambi (io e Yoko, ndr.) abbiamo attraversato i problemi e il dolore che stai attraversando adesso, e so che possiamo aiutarci a vicenda. Ma Eric, più di ogni altra cosa credo di poter tirare fuori qualcosa di grande da te, anzi di ancora più grande di quello che è stato evidente sinora nella tua musica”. Si fa riferimento al famigerato Concerto per il Bangladesh organizzato da Harrison il mese prima, a cui il chitarrista aveva partecipato sebbene in pessimo stato (sarebbe anche svenuto un paio di volte dietro le quinte): evento a cui i coniugi Lennon non parteciparono (a causa del veto di George di avere Yoko Ono sul palco…), e che doveva essere sembrato non solo un’occasione mancata, ma un’idea da “copiare” e cavalcare immediatamente: suonare ancora dal vivo, dopo la follia dei Beatles, era possibile. Lo sapeva bene Paul McCartney, il maggiore sponsor dei concerti dal vivo anche negli ultimi giorni del gruppo: proprio in quel periodo aveva iniziato a darsi da fare con i neonati Wings, con cui avrebbe iniziato a calcare i palchi a inizio 1972, seguendo una filosofia agli antipodi dello stardom e della magniloquenza da supergruppo dei suoi ex-colleghi, suonando nelle università inglesi come membro anonimo di una piccola band qualunque, accompagnato da musicisti di basso profilo. John invece ha grandi, ambiziose e bizzarre idee: una tournée di almeno sei mesi, che avrebbe dovuto raggiungere in posti mai toccati fino ad allora da un artista globale come la Cina o i paesi dell’Est comunista e in particolare la Russia, dove sa che i Beatles hanno un pubblico enorme (i loro bootleg venivano stampati sulle lastre dei raggi X) ed è pieno di gente “davvero hip, con radio gigantesche (…)”; la missione è quella di portare in quei posti, a quei milioni di persone, un certo tipo di libertà/musica che ancora non hanno conosciuto. Un’idea decisamente visionaria, in linea con il progressismo e l’anticonformismo lennonia

Jan 14, 2025 - 18:27
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Cosa dice la lettera di John Lennon a Eric Clapton del 1971

È stata messa all’asta, con un valore di partenza tra i 100000 e i 150000 euro, la bozza di una lettera datata 29 settembre 1971 in cui John Lennon chiede a Eric Clapton di unirsi alla sua band dal vivo.

La missiva, già nota dal 2012 e di cui la versione definitiva non è mai pervenuta (né è noto se sia stata mai effettivamente recapitata al destinatario), risale al periodo in cui i coniugi Lennon si erano appena trasferiti a New York, da cui l’ex Beatle non avrebbe più fatto ritorno fino alla tragica scomparsa nel 1980. Siamo nelle settimane immediatamente successive alla pubblicazione di Imagine (avvenuta il 9 settembre di quello stesso anno in America; in Uk sarebbe uscito poco dopo, l’8 ottobre), album di grande impatto commerciale destinato a far salire le quotazioni di Lennon come artista solista, dopo un avvio di carriera ancora incerto (dei Quattro, il successo immediato lo aveva raccolto l’underdog Harrison con l’epocale All Things Must Pass). Dopo un 1970 quasi in sordina, trascorso a combattere i propri demoni affidandosi anche alla terapia dell’urlo primordiale di Arthut Janov (sublimata nel capolavoro John Lennon / Plastic Ono Band), John è adesso galvanizzato dalle sedute di registrazione del nuovo disco, da diversi progetti artistici collaterali (il film Fly, citato anche nella lettera) e in generale dalla nuova vita che gli si prospetta oltreoceano, al punto che adesso pensa seriamente, per la prima volta, di tornare in tour anni dopo l’ultimo giro di concerti dei Beatles (1966; quello sul tetto della Apple fu un happening estemporaneo, come si è sempre saputo). Con la supervisione di Phil Spector, ha già convocato i fedelissimi Jim Keltner (batteria), Nicky Hopkins (tastiere) e Klaus Voorman (basso), tutti già alla corte di George e/o presenti in Imagine e l’ex Cream, che al momento non se la passa troppo bene a causa di una pesantissima dipendenza da alcol e eroina, potrebbe completare il dream team per il grande comeback dal vivo.

È questa la parte certamente più interessante della lettera indirizzata all’amico e chitarrista con cui, si ricorderà, John aveva lavorato significativamente in passato: prima insieme ai Beatles in studio per While My Guitar Gently Weeps nel White Album, poi nel supergruppo estemporaneo Dirty Mac (con Mitch Mitchell e Keith Richards) per il film Rock And Roll Circus dei Rolling Stones; un’esperienza così elettrizzante che avrebbe perfino voluto chiamarlo nei Beatles come sostituto del chitarrista titolare durante il suo temporaneo abbandono nel gennaio 1969 (come si vede in Get Back), finendo comunque per convocarlo per il concerto a Toronto nel 1969 come membro della Plastic Ono Band, con cui incide il singolo Cold Turkey, figurando anche in un concerto al Lyceum Ballroom di Londra (poi pubblicato in Some Time In New York City).

Nelle otto pagine autografe messe all’asta, Lennon si mostra estremamente empatico e cauto, consapevole del momentaccio che Clapton sta trascorrendo (anche lui e Ono, non troppo tempo prima, avevano avuto problemi con le dipendenze): “Entrambi (io e Yoko, ndr.) abbiamo attraversato i problemi e il dolore che stai attraversando adesso, e so che possiamo aiutarci a vicenda. Ma Eric, più di ogni altra cosa credo di poter tirare fuori qualcosa di grande da te, anzi di ancora più grande di quello che è stato evidente sinora nella tua musica”.

Si fa riferimento al famigerato Concerto per il Bangladesh organizzato da Harrison il mese prima, a cui il chitarrista aveva partecipato sebbene in pessimo stato (sarebbe anche svenuto un paio di volte dietro le quinte): evento a cui i coniugi Lennon non parteciparono (a causa del veto di George di avere Yoko Ono sul palco…), e che doveva essere sembrato non solo un’occasione mancata, ma un’idea da “copiare” e cavalcare immediatamente: suonare ancora dal vivo, dopo la follia dei Beatles, era possibile. Lo sapeva bene Paul McCartney, il maggiore sponsor dei concerti dal vivo anche negli ultimi giorni del gruppo: proprio in quel periodo aveva iniziato a darsi da fare con i neonati Wings, con cui avrebbe iniziato a calcare i palchi a inizio 1972, seguendo una filosofia agli antipodi dello stardom e della magniloquenza da supergruppo dei suoi ex-colleghi, suonando nelle università inglesi come membro anonimo di una piccola band qualunque, accompagnato da musicisti di basso profilo.

John invece ha grandi, ambiziose e bizzarre idee: una tournée di almeno sei mesi, che avrebbe dovuto raggiungere in posti mai toccati fino ad allora da un artista globale come la Cina o i paesi dell’Est comunista e in particolare la Russia, dove sa che i Beatles hanno un pubblico enorme (i loro bootleg venivano stampati sulle lastre dei raggi X) ed è pieno di gente “davvero hip, con radio gigantesche (…)”; la missione è quella di portare in quei posti, a quei milioni di persone, un certo tipo di libertà/musica che ancora non hanno conosciuto. Un’idea decisamente visionaria, in linea con il progressismo e l’anticonformismo lennoniano ma forse un po’ troppo avanti per quei tempi, anche se non di molto. Il primo artista a suonare oltre la cortina di ferro sarebbe stato Cliff Richard nel 1976 ma, con tutto rispetto, pensate per un attimo all’impatto storico che avrebbe avuto un concerto di John Lennon al Cremlino nel 1972…

Interessante come nella lettera vengano riciclate anche alcune idee, piuttosto irrealistiche, venute fuori durante il progetto Get Back, come fare le prove su una grande barca e filmare tutto durante il viaggio, facendo tappa per suonare in posti esotici sulle rotte del Pacifico come Tahiti o Tonga. Una follia da miliardari fulminati e in delirio di onnipotenza, ma… can you Imagine?

Un’eventualità che, con o senza Clapton, non si sarebbe mai concretizzata. L’unico concerto tenuto da Lennon sarebbe stato, com’è noto, il One To One con gli Elephant’s Memory al Madison Square Garden di New York il 30 agosto 1972; il progetto di un tour immediatamente successivo affondò anche quella volta, complice l’insicurezza a causa della pessima accoglienza riservata a Some Time In New York City e i sempre crescenti problemi sia con l’immigrazione sia coniugali (il matrimonio con Yoko sarebbe entrato in crisi nel 1973, con il famigerato lost weekend); John sarebbe comunque salito su un palco un’ultima volta, ospite di Elton John, il 28 novembre 1974. Un grande tour mondiale, nei piani per il 1981, resta uno dei tanti what if se non fosse successo quello che è successo. Le intenzioni (non sappiamo quanto estemporanee o effettivamente realizzabili) di Lennon di creare una nuova, grande band con cui riportare le “palle” nel rock’n’roll sono rimaste, è il caso di dirlo, lettera morta, per la gioia di tutti gli studiosi e appassionati di fantarock.

Credo che potremmo creare il tipo di suono in grado di riportare le PALLE nel rock´n´roll
John Lennon, lettera a Eric Clapton

Dal canto suo, Clapton si sarebbe pian piano ripreso dalla sua impasse e avrebbe ripreso la sua carriera solista con 461 Ocean Boulevard (contenente la sua celebre cover di I Shot The Sheriff) , trovando il tempo di conquistare, da bravo Lancillotto, la sua Ginevra/Layla, Pattie Boyd/Harrison, “rubandola” all’amico di sempre. Ma questa è un’altra storia…

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