Il problema è il news making, non il fact checking
In questo stato di infodemia ciascuno di noi si costruisce le famose bolle, molto più comode e pertanto pericolose delle balle, le fake di cui tanto si ciancia. Questa considerazione potrebbe aver influito nella scelta di Meta di interrompere il fact checking, assieme all’auspicio di ingraziarsi il presidente Trump. Il corsivo di Battista Falconi
In questo stato di infodemia ciascuno di noi si costruisce le famose bolle, molto più comode e pertanto pericolose delle balle, le fake di cui tanto si ciancia. Questa considerazione potrebbe aver influito nella scelta di Meta di interrompere il fact checking, assieme all’auspicio di ingraziarsi il presidente Trump. Il corsivo di Battista Falconi
Non si tratta di un sondaggio con valore statistico. Ho provato a chiedere a qualche interlocutore, ignorandolo io, quale fosse la causa scatenante degli incendi in California e soprattutto perché non si riesca a domarli, dopo tanti giorni e dato il livello tecnologico e logistico statunitense. Risposte vaghe, soprattutto il vento, molto citato nei servizi assieme ai vip la cui casa è stata distrutta e agli italo-americani, che evitano la traduzione.
La stessa vaghezza coglie su un altro argomento strillato dai media come i disagi nei trasporti ferroviari. Abbiamo una serie storica che dica se si sono intensificati davvero o sono solo più attenzionati? Forse, ma nel dibattito prevale l’interpretazione, ovviamente polarizzata: il ministro Salvini è incapace (il peggiore, tuonano dall’opposizione), no ha solo ereditato il disastro dei precedenti governi, anzi i vertici di FS gli remano contro e già si annuncia il repulisti. Fantasia ancor più scatenata dopo che il ministro ha disertato la riapertura di piazza dei Cinquecento, davanti alla Stazione Termini di Roma.
Altro che le vecchie 5W… è utile tenerlo a mente nel momento in cui l’informazione conosce un repentino saliscendi. Prima sull’altare del diritto di cronaca osteggiato dai totalitarismi, con Cecilia Sala (anche qui la narrativa, comprensibilmente, non appare lineare). Poi nella polvere della conferenza stampa del Presidente Meloni, con la farsa delle lamentele di Schlein per l’evasività delle risposte e l’elusione dei temi sociali, che però non erano stati oggetto delle domande dei giornalisti, prede di un compulsivo interesse per Elon Musk (qualcuno l’ha fatto notare, alla segretaria Pd).
In questo stato di infodemia, come dice chi parla bene, come si possono giudicare fenomeni complessi quali il calo dell’industria, le dinamiche dell’occupazione, l’economia in generale, le guerre in Medio Oriente e Ucraina, le riforme istituzionali, della giustizia e della scuola, la crisi del servizio sanitario con le liste d’attesa? Su ciascuno di questi temi ci prepariamo un prontuario di idee e risposte pronte all’uso, molto condizionato dai nostri eventuali interessi: ben difficile che un magistrato o un medico accettino la propria correità nei disservizi dei rispettivi comparti e la necessità di modifiche che richiedano più efficienza.
Ciascuno di noi si costruisce le famose bolle, molto più comode e pertanto pericolose delle balle, le fake di cui tanto si ciancia. Questa considerazione potrebbe aver influito nella scelta di Meta di interrompere il fact checking a livello sperimentale negli Usa, assieme all’auspicio di ingraziarsi il Presidente Trump (la scelta sembra comunque confermare la crisi del politically correct). Il problema è il news making: muore donna azzannata dal cane nel giardino della casa dove però non si dice perché si trovasse alle 3 di notte; in cella la prof a suo tempo picchiata dai genitori degli alunni e, ancor prima che si riannodi il filo delle due vicende, partono i servizi in cui si polemizza per Castellamare associata alla camorra e si allude a scenette da YouPorn. È dal relativamente piccolo di certe narrative che capiamo come diventi impossibile seguire le maggiori.
Del resto, basta osservare una conversazione a soggetto gastronomico su un social network per capire che, meno sappiamo e più parliamo. Tutti. È il paradosso della gnoseologia: altro termine da usare per far scena.
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