Autostrade, ecco come Nomisma tampona Blackstone e Macquarie
Che cosa emerge da una ricerca di Nomisma sulla rete autostradale in Italia e che cosa succede nell'azionariato di Autostrade per l'Italia (Aspi)
Che cosa emerge da una ricerca di Nomisma sulla rete autostradale in Italia e che cosa succede nell’azionariato di Autostrade per l’Italia (Aspi)
E’ un’indiretta sberla ai fondi internazionali di Aspi (Autostrade per l’Italia) che spingono per avere più utili e invece vogliono lesinare sugli investimenti la ricerca pubblicata oggi da Nomisma sulla rete autostradale italiana.
Ecco tutti i dettagli sul report del centro studi.
COSA DICE NOMISMA SULLA RETE AUTOSTRADALE ITALIANA
La rete autostradale italiana ha bisogno di “investimenti urgenti, non solo per rigenerare l’infrastruttura obsoleta, ma per adeguare la capacità di trasporto al traffico: 40-50 miliardi di euro dal 2024 sono non procrastinabili”. E’ una delle conclusioni clou del report di Nomisma “Il ruolo delle autostrade per lo sviluppo del Paese” aggiungendo che questa cifra è “solo in minima parte coperta da finanziamenti pubblici”. Si tratta di valori inferiori al 5% del valore stimabile ad oggi per costruire ex novo una rete autostradale o una rete alternativa, e con un chiaro ed evidente impatto positivo per l’intero sistema produttivo ed economico del Paese, afferma Nomisma.
BLACKSTONE E MACQUARIE IN AZIONE IN ASPI
Le conclusioni di Nomisma cadono in una discussione in corso tra gli azionisti di Aspi, guidata dall’ad, Roberto Tomasi (nella foto). Dopo l’uscita di Atlantia nel 2022, la concessionaria autostradale è controllata con l’88% da Holding Reti Autostradali (Hra), che a sua volta vede Cdp Equity come soggetto di riferimento con il 51%, oltre a Blackstone e Macquarie. Ha sottolineato oggi il Sole 24 ore: “E’ evidente che la politica di dividendi fin qui perseguita – al di là di quella che potrà essere la forma definitiva del Pef – vada rivista. Questa la posizione di Cdp Equity, diversa da quella dei fondi che per loro natura hanno altre priorità. Con alcuni distinguo: Blackstone, che da quando è entrata in Aspi ha sostenuto il piano di investimenti e vuole continuare a farlo in un’ottica di lungo termine, parrebbe più propensa ad apportare aggiustamenti al patto rispetto a Macquarie. In ogni caso, al momento, c’è fiducia sulla possibilità di raggiungere un’intesa, senza arrivare a strappi”. I tre soci hanno preso tempo, allungando al 15 aprile il termine entro il quale l’accordo, in scadenza a maggio, non potrà più essere disdettato. Ora, tuttavia, si tratta di entrare nel merito di alcune questioni chiave: “Al proposito, Cdp Equity avrebbe ben chiara la direzione da prendere: meno dividendi e più investimenti. Anche perché oggi gli accordi tra soci (così come lo statuto di Aspi) prevedono la distribuzione semestrale di tutta la cassa disponibile. In numeri, tutto ciò, dal 2022 si è tradotto in un payout di circa l’87% sull’utile d’esercizio con quasi 2,4 miliardi di cedole”, ha scritto il Sole 24 ore.
I NUMERI SULLE AUTOSTRADE
Ma torniamo alla ricerca di Nomisma. La rete autostradale italiana è la più datata e la più trafficata d’Europa – rimarca il centro studi – precisando che il nucleo originale di 260 km risale agli anni Venti del Novecento. La rete ha visto il maggiore sviluppo negli anni Sessanta con 1.300 km che però si è fermato alla fine degli anni ’70, lasciando l’Italia con una rete che ad oggi presenta il 50% delle tratte costruite ante 1970. In media circolano quasi 44.000 veicoli teorici medi giornalieri (+40% rispetto alla Francia e più del doppio sulla Spagna). Sono 20,7 i miliardi di euro investiti nella rete tra 2009 e 2021, ricorda il rapporto, una crescita costante culminata nel 2022 con oltre 2,5 miliardi di euro stanziati. Parallelamente, le spese di manutenzione hanno visto una distribuzione annuale di circa 768 milioni di euro con un totale di 10 miliardi di euro nel periodo compreso tra 2009 e 2022. Nonostante l’impegno economico, appare evidente il divario tra gli investimenti programmati e quelli effettivamente realizzati.
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ESTRATTO DAL REPORT DI NOMISMA. CAPITOLO SUGLI INVESTIMENTI NECESSARI:
La crescente domanda di traffico grava su un’infrastruttura che, oltre alle altre peculiarità sopra descritte in termini di vetustà e complessità, già sconta elevati livelli di saturazione, e, pertanto, richiede imprescindibili interventi di rigenerazione e potenziamento in grado di garantire la sua efficienza e sostenibilità a lungo termine. L’analisi dei dati rivela come la rete autostradale necessiti di investimenti urgenti per estendere il ciclo di vita di asset strategici, non solo per rigenerare infrastrutture ormai obsolete in molte tratte ma anche per adeguare la capacità di trasporto al traffico, che è cresciuto vertiginosamente raggiungendo il nuovo picco storico mai registrato nella storia del Paese.
Nel periodo tra il 2009 e il 2021, la rete autostradale italiana è stata interessata da investimenti per un totale di 20,7 miliardi di euro che, dopo un periodo di rallentamento nel 2017, hanno registrato una crescita costante, culminando nel 2022 con oltre 2,5 miliardi di euro, un incremento del 20% rispetto all’anno precedente. Parallelamente, le spese di manutenzione hanno visto una distribuzione annuale di circa 768 milioni di euro, con un totale di 10 miliardi di euro nel periodo compreso tra il 2009 e il 2022. Il significativo impegno economico profuso negli ultimi anni è tanto evidente quanto la persistenza del divario tra investimenti programmati e quelli effettivamente realizzati, principalmente a causa di fattori burocratici e/o amministrativi che incidono sia sui rinnovi dei Piani Economico Finanziari, sia sugli iter autorizzativi dei progetti di nuove opere.
Sotto il profilo degli investimenti, negli ultimi anni, una serie di fattori ha profondamente modificato il contesto e le prospettive in cui le concessionarie si trovano oggi ad operare, incidendo inevitabilmente sulle stime contenute nei loro piani economico-finanziari. Tra questi fattori si richiamano:
- il perfezionamento degli standard tecnici (es. orientamento alla durabilità e sostenibilità dei materiali, anche dal punto di vista ambientale) e di sicurezza (adozione di standard sempre più evoluti per minimizzare incidentalità e garantire sempre più elevate prestazioni in fase esecutiva), nonché gli effetti delle cantierizzazioni (per la ricerca di soluzioni e misure di contenimento degli impatti sull’esercizio). Tale cambio di approccio normativo ha modificato radicalmente e con una visione strategica di medio lungo termine le modalità di gestione degli asset autostradali;
- la necessità di adeguare gli investimenti in tecnologie ai dettami delle norme europee e italiane in materia di digitalizzazione e decarbonizzazione, oltre che di sempre maggiore incremento dei livelli di sicurezza della circolazione;
- l’ingente incremento dei costi di realizzazione dei lavori, sia per effetto degli adeguamenti alle nuove disposizioni sopravvenute, sia per lo straordinario e ormai consolidato aumento dei prezzi dei materiali da costruzione. Nonostante la lenta deflazione post 2022, il costo medio di realizzazione dei lavori di riferimento si mantiene oggi su livelli superiori almeno del 25% rispetto al pre-Covid (fonte: ISTAT). In ambito costruzioni, questo è testimoniato da almeno quattro revisioni, negli ultimi due anni, dei prezziari Anas, a cui le società concessionarie sono tenute ad affidare i propri lavori. A ciò si aggiunge la prudenza nel processo di riduzione dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali, prefigurando costi di finanziamento che si manterranno sicuramente più elevati rispetto al periodo pre-2022, determinando, quindi, ulteriori sfide per gli investimenti futuri.
Nei prossimi anni, di conseguenza, il sistema autostradale assisterà ad una vera e propria rivoluzione trainata da tre tipologie di fabbisogni che richiederanno la messa a terra di un’intensità di investimenti senza paragoni rispetto al passato. Sulle autostrade italiane sono necessari, infatti, consistenti investimenti per:
- l‘ammodernamento e la rigenerazione della rete – obbligatori nei tempi previsti dalle norme per garantire la sicurezza delle strutture e volti all’estensione della vita nominale e della durabilità degli asset (in esercizio ormai da oltre 50-60 anni);
- il potenziamento delle tratte in saturazione di traffico per garantire condizioni di servizio adeguato ai traffici attuali e per consentire la rigenerazione e aumentare la resilienza del sistema scongiurando potenziali paralisi sistemiche;
- l’innovazione applicata all’infrastruttura e ai servizi, ormai indifferibile per rispettare le scadenze internazionali sulla decarbonizzazione e sulla sicurezza, oltre che per accompagnare la rivoluzione tecnologica della mobilità.
Su quest’ultimo aspetto, è lampante l’importanza della digitalizzazione delle infrastrutture non solo per migliorare la sicurezza della circolazione e dei lavoratori impegnati sulla rete e abilitare la diffusione dei nuovi servizi di smart mobility, ma anche per promuovere risultati concreti sul fronte della decarbonizzazione. Le autostrade del futuro, infatti, assolvendo anche al ruolo di laboratorio dove sperimentare le innovazioni dei cambiamenti in atto, si caratterizzeranno per:
- sistemi di monitoraggio in tempo reale del traffico e di ottimizzazione dello stesso (monitoraggio dinamico delle infrastrutture attraverso l’utilizzo di flotte di droni dedicati e ricorso ai digital twin degli asset);
- servizi di informazione più evoluti e vicini all’utente;
- automazione del pedaggio, anche modulare, salvaguardando le risorse umane e l’ambiente grazie alla dematerializzazione dei biglietti/ricevute al casello e l’utilizzo delle targhe come unico strumento di pagamento in linea con quanto già disponibile in alcune infrastrutture italiane (es: Autostrada Pedemontana Lombarda) ed in buona parte dei Paesi Europei (Austria, Francia, Polonia, Portogallo, Ungheria per citarne alcuni);
- disponibilità di stazioni di rifornimento dei vettori energetici alternativi e meno impattanti dal punto di vista emissivo;
- lo sviluppo e la diffusione di tecnologie di comunicazione dei veicoli con l’infrastruttura e con gli altri veicoli (Smart Road e supporto alla guida autonoma e assistita), sulla base del Decreto “Smart Road” (D.M. 70/2018) che ha definito il quadro normativo per l’introduzione di tali innovazioni nel contesto delle infrastrutture italiane.
In termini di risorse economiche, tali fabbisogni di investimento per la rete autostradale, non più procrastinabili se non a rischio di generare criticità, ammontano, secondo una recente ricostruzione avviata da una consultazione dell’ART (Autorità di Regolazione dei Trasporti), ad una cifra compresa tra i 40-50 miliardi di euro a partire dal 2024, solo in minima parte coperto da finanziamenti pubblici. Inoltre circa la metà dei rapporti concessori è in scadenza entro il 2032 mentre circa il 90% della rete in concessione andrà in scadenza entro i prossimi 15 anni. Il fabbisogno di investimenti è quasi equamente diviso tra nuove opere e ammodernamenti, questi ultimi finalizzati a estendere in modo significativo la vita utile delle infrastrutture e, quindi, con effetti analoghi a quelli delle nuove opere. Gli interventi riguardano le gallerie (9 miliardi di euro, di cui il 71% indirizzato a nuove opere), mentre per reti e barriere (9 miliardi di euro), viadotti, ponti e cavalcavia (7,5 miliardi di euro) una componente significativa è destinata alla rigenerazione. In ogni caso, si tratta di valori inferiori al 5% del valore stimabile ad oggi per costruire ex novo una rete autostradale o una rete alternativa, e con un chiaro ed evidente impatto positivo per l’intero sistema produttivo ed economico del Paese con un moltiplicatore sul valore della produzione stimato in tre volte quello degli investimenti
Inoltre, i progetti infrastrutturali per i quali è stato reperito un finanziamento pubblico (PNRR, PNC, FSC o anticipi MIT) prevedono risorse per 83 miliardi di euro (Fonte: Camera dei deputati) e, di questi, poco meno di 10 miliardi sono destinati al complesso di “strade e autostrade” (12% dell’aggregato)
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