Tiktok: la disperazione degli utenti per il ban. Anche se poi torna online

Adesso sarebbe perfetto. Anzi necessario. Un video di 15 o 30 secondi in cui venga condensato il succo della vicenda. Un “tiktok” per l’appunto. Magari con la musica giusta del momento. La vicenda del social cinese, infatti, tiene ancora con il fiato sospeso milioni di utenti. Sarà bannato o no? Sarà possibile crogiolarsi per ore e ore nei balletti di donne e uomini dai corpi ipnotici? Il futuro è incerto. La questione diventa politica e si intreccia con l’elezione di Donald Trump, appena incoronato 47° Presidente degli Stati Uniti. “Dalla diplomazia del pingpong a quella di Tiktok” scrive il Corriere della Sera, alludendo alla strategia portata avanti da Nixon nel 1971 per normalizzare le relazioni con la Cina di Mao. Allora al timone della politica estera americana vi era Henry Kissinger, maestro della Realpolitik. Oggi, Pechino e Washington si trovano nuovamente in competizione tra loro; i tempi evolvono, i dossier critici mutano di significato. Materie prime, semi conduttori e Big Data sono gli ingredienti della nuova Guerra Fredda. E così anche il controllo di un social network diventa strategico. Non a caso fu proprio The Donald, nel corso del suo primo mandato, a proporre di frenare l’app sempre più in voga tra i giovani. I motivi? Il Partito Comunista Cinese avrebbe avuto l’accesso alle informazioni personali di milioni di persone da utilizzare allo scopo di ricatto e per condurre attività di spionaggio aziendale. Ma la legge vera e propria arriverà nell’aprile 2024 sotto l’amministrazione Biden: addio a Tiktok, a meno che non venga venduta a un acquirente degli Stati Uniti. Il sostegno al Congresso è ampio e bipartisan. Tuttavia, l’azienda Bytedance non ci sta e invoca il Primo Emendamento sulla libertà di parola e di stampa. Si arriva così all’altalena di emozioni delle ultime settimane. La Corte Suprema conferma quanto deciso a livello federale. I telefonini di mezza America squillano all’impazzata: “Spiacenti, Tiktok non è disponibile al momento”, recita la notifica. Come salvarlo? Nella stampa circola il nome di Elon Musk, ma subito viene smentito. Infine, arriva l’ordine esecutivo di Trump: il divieto sarà ritardato di 75 giorni. “Ho il diritto di venderlo o chiuderlo”, dichiara il tycoon nello Studio Ovale. L’app torna online. Il resto sarà storia da scrivere. Al di là delle implicazioni politiche, è interessante soffermarsi sulla reazione dei milioni di utenti che affollano la rete sociale. Tristezza, apatia e disperazione diventano il minimo comun denominatore. “Mi sento come se stessi attraversando un momento di sconforto. Ho pianto fino ad addormentarmi la scorsa notte”, ha scritto Alix Earle, influencer nota per i suoi contenuti in stile vlog. Ma come lei, molte altre star del social network si sentono tagliate fuori, non si riescono più a immaginare una vita disconnesse. “Non so cosa fare. Ho aperto e chiuso l’app probabilmente sei volte, solo per continuare a ricevere lo stesso stupido messaggio di avviso”, afferma James Charles, dopo aver visto chiudere il profilo con 40 milioni di follower. È il grido di disperazione della generazione digitale, di chi vive iperconnesso. Di chi vanta comunità con milioni di amici, iscritti, seguaci. Ma con un semplice click si accorge di quanto siano inconsistenti i legami creati nella realtà virtuale. E così non sopporta il distacco, si sente dimezzato, ha bisogno di un nuovo social in cui poter iniziare tutto da capo. Su Panorama abbiamo già raccontato la trasmigrazione verso altre app nel corso delle ultime settimane. Nuovi trend, nuova musica ma sempre il medesimo problema: le alternative di Tiktok rimangono a loro volta cinesi e l’arrivo in massa di account occidentali non viene visto di buon occhio. Tuttavia, negli Stati Uniti c’è chi prova a sfruttare la situazione per aumentare il proprio guadagno.Un nuovo fenomeno si sta sviluppando su eBay, la piattaforma nota per la compravendita di oggetti, soprattutto quelli usati. Ci si imbatte in iPhone dal costo di 10,15mila dollari. Perché questa speculazione? La risposta riguarda ancora una volta Tiktok. Nonostante la messa al bando sia stata ritardata, sull’App Store rimane problematico scaricarla per motivi legali. Così gli smartphone che possiedono l’app preinstallata stanno costituendo il nuovo oggetto del desiderio di sempre più persone, disposte anche a spendere cifre folli. È chiaro come dietro queste reazioni siano celati processi psicologi profondi. La disperazione dopo aver perso l’account non è solo legata a motivi di lavoro. È il riflesso di dinamiche sociali che si agitano in seno alla società contemporanea. Il mondo digitale ci ha promesso libertà ma allo stesso tempo ci ha reso sempre più dipendenti dagli strumenti tecnologici. Ritornano alla mente le parole del filosofo sudcoreano Byung-Chul Han, le cui opere sono una lettura necessaria per comprendere il mondo che ci circonda. Così “il potere smart lusinga la psiche invece di opprimerla. Esso non ci impone il silenzio, anzi ci sprona

Jan 24, 2025 - 08:23
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Tiktok: la disperazione degli utenti per il ban. Anche se poi torna online


Adesso sarebbe perfetto. Anzi necessario. Un video di 15 o 30 secondi in cui venga condensato il succo della vicenda. Un “tiktok” per l’appunto. Magari con la musica giusta del momento. La vicenda del social cinese, infatti, tiene ancora con il fiato sospeso milioni di utenti. Sarà bannato o no? Sarà possibile crogiolarsi per ore e ore nei balletti di donne e uomini dai corpi ipnotici? Il futuro è incerto. La questione diventa politica e si intreccia con l’elezione di Donald Trump, appena incoronato 47° Presidente degli Stati Uniti. “Dalla diplomazia del pingpong a quella di Tiktok” scrive il Corriere della Sera, alludendo alla strategia portata avanti da Nixon nel 1971 per normalizzare le relazioni con la Cina di Mao. Allora al timone della politica estera americana vi era Henry Kissinger, maestro della Realpolitik. Oggi, Pechino e Washington si trovano nuovamente in competizione tra loro; i tempi evolvono, i dossier critici mutano di significato. Materie prime, semi conduttori e Big Data sono gli ingredienti della nuova Guerra Fredda. E così anche il controllo di un social network diventa strategico. Non a caso fu proprio The Donald, nel corso del suo primo mandato, a proporre di frenare l’app sempre più in voga tra i giovani. I motivi? Il Partito Comunista Cinese avrebbe avuto l’accesso alle informazioni personali di milioni di persone da utilizzare allo scopo di ricatto e per condurre attività di spionaggio aziendale. Ma la legge vera e propria arriverà nell’aprile 2024 sotto l’amministrazione Biden: addio a Tiktok, a meno che non venga venduta a un acquirente degli Stati Uniti. Il sostegno al Congresso è ampio e bipartisan. Tuttavia, l’azienda Bytedance non ci sta e invoca il Primo Emendamento sulla libertà di parola e di stampa.

Si arriva così all’altalena di emozioni delle ultime settimane. La Corte Suprema conferma quanto deciso a livello federale. I telefonini di mezza America squillano all’impazzata: “Spiacenti, Tiktok non è disponibile al momento”, recita la notifica. Come salvarlo? Nella stampa circola il nome di Elon Musk, ma subito viene smentito. Infine, arriva l’ordine esecutivo di Trump: il divieto sarà ritardato di 75 giorni. “Ho il diritto di venderlo o chiuderlo”, dichiara il tycoon nello Studio Ovale. L’app torna online. Il resto sarà storia da scrivere. Al di là delle implicazioni politiche, è interessante soffermarsi sulla reazione dei milioni di utenti che affollano la rete sociale. Tristezza, apatia e disperazione diventano il minimo comun denominatore. “Mi sento come se stessi attraversando un momento di sconforto. Ho pianto fino ad addormentarmi la scorsa notte”, ha scritto Alix Earle, influencer nota per i suoi contenuti in stile vlog. Ma come lei, molte altre star del social network si sentono tagliate fuori, non si riescono più a immaginare una vita disconnesse. “Non so cosa fare. Ho aperto e chiuso l’app probabilmente sei volte, solo per continuare a ricevere lo stesso stupido messaggio di avviso”, afferma James Charles, dopo aver visto chiudere il profilo con 40 milioni di follower. È il grido di disperazione della generazione digitale, di chi vive iperconnesso. Di chi vanta comunità con milioni di amici, iscritti, seguaci. Ma con un semplice click si accorge di quanto siano inconsistenti i legami creati nella realtà virtuale. E così non sopporta il distacco, si sente dimezzato, ha bisogno di un nuovo social in cui poter iniziare tutto da capo. Su Panorama abbiamo già raccontato la trasmigrazione verso altre app nel corso delle ultime settimane. Nuovi trend, nuova musica ma sempre il medesimo problema: le alternative di Tiktok rimangono a loro volta cinesi e l’arrivo in massa di account occidentali non viene visto di buon occhio. Tuttavia, negli Stati Uniti c’è chi prova a sfruttare la situazione per aumentare il proprio guadagno.

Un nuovo fenomeno si sta sviluppando su eBay, la piattaforma nota per la compravendita di oggetti, soprattutto quelli usati. Ci si imbatte in iPhone dal costo di 10,15mila dollari. Perché questa speculazione? La risposta riguarda ancora una volta Tiktok. Nonostante la messa al bando sia stata ritardata, sull’App Store rimane problematico scaricarla per motivi legali. Così gli smartphone che possiedono l’app preinstallata stanno costituendo il nuovo oggetto del desiderio di sempre più persone, disposte anche a spendere cifre folli. È chiaro come dietro queste reazioni siano celati processi psicologi profondi. La disperazione dopo aver perso l’account non è solo legata a motivi di lavoro. È il riflesso di dinamiche sociali che si agitano in seno alla società contemporanea. Il mondo digitale ci ha promesso libertà ma allo stesso tempo ci ha reso sempre più dipendenti dagli strumenti tecnologici. Ritornano alla mente le parole del filosofo sudcoreano Byung-Chul Han, le cui opere sono una lettura necessaria per comprendere il mondo che ci circonda. Così “il potere smart lusinga la psiche invece di opprimerla. Esso non ci impone il silenzio, anzi ci sprona continuamente a comunicare, condividere, partecipare, a esternare opinioni e desideri. Oggi abbiamo a che fare con una tecnica di potere che non nega né reprime la nostra libertà, bensì la sfrutta. In ciò consiste l’odierna crisi della libertà”. Ma forse un video da 15 secondi non basta per capirlo.

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