Le contraddizioni della nuova politica energetica degli Stati Uniti
Più gas, meno eolico. Più trivelle, meno tecnologia verde. Le scelte di Trump in campo energetico danneggiano ambiente e lavoratori.
- Nel primo giorno del suo insediamento, Donald Trump ha introdotto molteplici ordini esecutivi in ambito energetico e ambientale.
- Molti di questi hanno l’obiettivo di ristabilire la supremazia delle fonti fossili sulle energie rinnovabili.
- Le scelte di Trump contengono, però, diversi paradossi: rischiano di nuocere al pianeta, ma anche ai cittadini statunitensi.
Il 20 gennaio 2025, Donald Trump ha prestato giuramento per il suo secondo mandato da presidente degli Stati Uniti d’America. I repubblicani controllano entrambe le camere del congresso, oltre a poter contare su una maggioranza di giudici eletti da presidenti repubblicani alla Corte Suprema. L’amministrazione Trump ha emanato una serie di ordini presidenziali, tra cui l’annuncio del ritiro dall’Accordo di Parigi, sebbene oltre 5.000 leader statali e locali – che rappresentano il 63 per cento della popolazione e il 74 per cento del prodotto interno lordo – si siano comunque impegnati a sostenere gli obiettivi del trattato, insieme ai governatori di 24 stati e territori. Tra le altre misure, la nuova amministrazione appena insidiatasi ha dichiarato la “emergenza energetica”, eliminato gli incentivi per i veicoli elettrici e abolito il Green new deal. Inoltre, sono stati revocati numerosi ordini esecutivi dell’era Biden, tra cui quello per il “ripristino della scienza per affrontare la crisi climatica”. Resta tuttavia incerto quante di queste azioni supereranno il vaglio delle agenzie, resisteranno nei tribunali o avranno un impatto concreto. Senza contare che numerosi di questi atti sono destinati a creare più danni che benefici o, perlomeno, dei paradossi sui quali riflettere. Vediamoli insieme.
Dichiarare l’emergenza energetica, ma per stimolare i combustibili fossili
Le intenzioni annunciate da Trump coincidono con un momento critico per il clima: incendi devastanti, alimentati dai cambiamenti climatici, stanno devastando la California, dopo l’anno più caldo mai registrato a livello globale, durante il quale due uragani di grandi dimensioni – Helene e Milton – hanno causato danni significativi nel sudest degli Stati Uniti.
In questo contesto, Trump e i repubblicani del congresso hanno fatto propria l’espressione di “dominio energetico”, annunciando la “emergenza energetica nazionale” (questo il testo dell’ordine esecutivo), anche se gli Stati Uniti stanno già producendo più petrolio ora di qualsiasi altro stato in qualsiasi altro momento storico (un record raggiunto sotto l’amministrazione Biden, peraltro). Le compagnie petrolifere sostengono che stanno già trivellando il più possibile mentre la domanda di petrolio continua a diminuire a livello globale: ad esempio in Cina, secondo il quotidiano economico Financial Times, leader della transizione energetica a livello globale, il petrolio ha già raggiunto il suo picco.
Trump punta a snellire le procedure di autorizzazione per la produzione di combustibili fossili, con particolare attenzione all’Alaska. Tuttavia, una recente gara per l’assegnazione di nuovi contratti di trivellazione è andata deserta. Secondo molti esperti, resta quindi da capire se le trivellazioni saranno effettivamente convenienti per le aziende energetiche, a meno che Trump non scelga di sovvenzionarle (cosa che al momento non è stata annunciata). Nelle ultime settimane della sua presidenza, Biden ha introdotto un divieto di future trivellazioni offshore di petrolio e gas lungo gran parte delle acque costiere degli Stati Uniti. Sin dal suo primo giorno in carica, Trump ha lavorato per revocare la protezione di oltre 250 milioni di ettari di coste oceaniche dalle trivellazioni ma questi sforzi potrebbero incontrare ostacoli, poiché è probabile che vengano contestati in tribunale, dato che la legge introdotta da Biden richiede l’intervento del Congresso per simili decisioni.
No all’eolico, sì al gas
Trump chiede anche di porre fine ai contratti di locazione per l’energia eolica, che attualmente alimenta oltre il 10 per cento della rete elettrica nazionale. Un duro colpo per le rinnovabili, se si considera che solare ed eolico insieme hanno superato il carbone negli Stati Uniti nel 2024, grazie anche agli ampi crediti fiscali implementati dall’amministrazione Biden. Gli Stati Uniti sono ora al terzo posto nel mondo per la produzione di pannelli solari: una posizione che rischia di perdere per mano di Trump. Per quanto riguarda l’eolico, Biden ha approvato 11 progetti eolici offshore su scala utility sotto il suo mandato e molti di questi sono attualmente in fase di costruzione. Secondo il New York Times, nel 2023 i parchi eolici rappresenteranno il 22 per cento dell’elettricità generata in Texas e il 59 per cento di quella prodotta in Iowa, ovvero importanti fonti di elettricità in grandi Stati.
Per contro, Trump punta a rilanciare il gas naturale liquido (gnl), rafforzando il suo ruolo di esportatore. Eppure, la realtà va in un’altra direzione: una nuova analisi di Zero carbon analytics dimostra che l’Ue non ha bisogno di nuovo gnl statunitense per sostituire il gas russo. Anzi, la domanda di gas dell’Ue è destinata a diminuire del 29 per cento rispetto ai livelli del 2024 entro il 2030 e del 67 entro il 2040. Inoltre, uno studio del dipartimento dell’Energia americano afferma che l’aumento delle esportazioni di gnl farebbe aumentare i costi energetici per la famiglia media di oltre 100 dollari entro il 2050. C’è da dire che, indipendentemente dalla revoca del divieto da parte di Trump, la capacità di esportazione di gnl degli Stati Uniti era già destinata a raddoppiare tra il 2024 e il 2028, grazie ai progetti già in fase di costruzione.
Perché le decisioni di Trump rischiano di mettere in difficoltà i suoi elettori
Gli annunci di Trump sono ricchi di paradossi. Molteplici ordini mirano a rallentare o rivedere la massiccia spesa per il clima approvata durante l’amministrazione Biden, il 75 per cento della quale è andata ai distretti federali guidati dai Repubblicani.
Più in generale, le risorse dell’Inflation reduction act (Ira), attraverso il quale Biden ha messo in campo 74 miliardi di dollari per finanziare i produttori di batterie e auto elettriche, di energia solare ed eolica e altro ancora, sono state quasi tutte allocate. Ci sono ancora 20 miliardi da stanziare (anche se l’Epa, l’Agenzia di protezione ambientale, in suo recente comunicato stampa, ha parlato di 69 miliardi già allocati, ovvero il 93 per cento delle risorse).
Certo l’intenzione di Trump di smantellare il più grande disegno di legge sul clima a livello globale darà un brusco scossone a un comparto che finora ha aggiunto più di 775mila posti di lavoro nel settore manifatturiero: di questi, più di 400mila sono legati strettamente alle tecnologie pulite, secondo i dati raccolti dall’organizzazione Climate power. Inoltre, il Net zero industrial policy lab della Johns Hopkins University ha rilevato che il ritiro degli Stati Uniti dall’energia pulita potrebbe offrire fino a 80 miliardi di dollari di nuove opportunità di filiera a paesi al di fuori degli Stati Uniti, mentre costerebbe alle aziende statunitensi fino a 50 miliardi di dollari di mancati ricavi da esportazione. Insomma, scelte che sembrano in controtendenza rispetto all’idea di rendere l’America “great again”.
Ora, come tenere traccia di quello che avverrà nei prossimi mesi e anni, senza cadere vittima della disinformazione online? A questo proposito, il Sabin center for climate change law della Columbia university seguirà tutti gli step compiuti dall’amministrazione Trump-Vance per ridurre o eliminare del tutto le misure federali di mitigazione e adattamento al clima. Sempre il Sabin Center, in collaborazione con l’Environmental defense fund, monitorerà anche le riduzioni dell’Ira.
Nonostante il previsto disimpegno del governo in materia di azione per il clima ed energia, molte città, Stati e imprese degli Stati Uniti hanno dichiarato che continueranno a impegnarsi. Uno studio pubblicato dalla School of public policy dimostra che, anche senza il sostegno federale, le azioni continue e ambiziose degli attori non federali potrebbero consentire una riduzione delle emissioni superiore al 48 per cento entro il 2035. Che sia proprio in questo dato finale che risiede il vero volto degli Stati Uniti?
What's Your Reaction?