“La montagna ha deciso”. Fine delle spedizioni all’Everest, Annapurna e Manaslu. Senza vette
Hanno rinunciato il tedesco Jost Kobusch sull’Everest, la spedizione internazionale all’Annapurna e Simone Moro e compagni sul Manaslu. Mancano notizie dell’iraniano Abolfazl Ghozali e di Sanu Sherpa sul Makalu L'articolo “La montagna ha deciso”. Fine delle spedizioni all’Everest, Annapurna e Manaslu. Senza vette proviene da Montagna.TV.
“When the Mountain Decides”, “quando è la montagna a decidere”. Queste parole di Sajid Ali Sadpara, postate sui social la mattina del 16 gennaio accanto a una foto dell’alpinista in partenza dall’aeroporto di Kathmandu, segnano la fine della spedizione invernale all’Annapurna ideata e promossa dal basco Alex Txikon.
“Non sempre si può gustare il dolce nettare della vetta. Non sempre le cose vanno come abbiamo previsto. Non sempre la montagna ti permette di salire. La Natura ha sempre l’ultima parola e un alpinista intelligente ascolta le sue indicazioni”, aggiunge Sadpara, che dalla capitale del Nepal ha già raggiunto il Pakistan.
A creare problemi al tentativo invernale all’Annapurna è stato l’attacco di appendicite che ha colpito Alex Txikon al campo-base. “Per fortuna il soccorso è stato rapido, e Alex ha potuto volare a Kathmandu ed essere operato in tempo. Se fosse accaduto più in alto, le cose sarebbero potute andare molto peggio. Con la rinuncia del nostro leader, grande specialista dell’inverno, abbiamo deciso tutti insieme di chiudere la spedizione”, prosegue Sajid Sadpara nel suo post.
In realtà, dopo l’evacuazione di Txikon verso Kathmandu, Chhepal Sherpa e Lhakpa Gelu Sherpa, coadiuvati dall’alpinista pakistano, hanno continuato ad attrezzare la via fino a circa 6700 metri di quota, mentre Mattia Conte e Sarah Abdovais hanno raggiunto 6000 metri del campo III. Alla fine la decisione di rinunciare. “L’Annapurna resta lì, e lo stesso vale per i miei sogni di ascensione”, conclude Sajid Sadpara.
Hanno invece salutato il Manaslu il bergamasco Simone Moro, il giovanissimo Nima Rinji Sherpa e Oswald Rodrigo Pereira, con doppia cittadinanza portoghese e polacca. I tre alpinisti hanno raggiunto il campo-base qualche giorno dopo le prime due spedizioni, non si sono spinti più in alto.
“Finisce qui. Siamo in giro già da cinque settimane, per le prossime due il meteo annuncia jet stream, con venti di 100/150 chilometri all’ora. Siamo una spedizione in stile alpino e con un campo-base leggero, non siamo in grado di resistere qui così a lungo”, spiega Simone in un video diffuso tramite il suo profilo Instagram. “Siamo un bel team, la montagna non è dalla nostra parte” aggiunge Nima Rinji. “Stare qualche settimana quassù è stato un atto di libertà” conclude Oswald Rodrigo nel medesimo video.
Quarantott’ore prima dei post di Simone Moro e Sajid Sadpara, aveva comunicato la sua decisione di fare dietrofront anche l’alpinista tedesco Jost Kobusch, impegnato nell’ambizioso progetto di salire l’Everest da solo, d’inverno e senza ossigeno supplementare. Invece della via normale per la seraccata del Khumbu, impossibile da attrezzare per un solitario, Jost ha scelto di salire per il Lho La, la Spalla Ovest e la Cresta Ovest, percorsa per la prima volta da una spedizione USA nel 1963.
Come abbiamo già raccontato il 27 dicembre scorso, Kobusch ha raggiunto i 7537 metri di quota , superando il record invernale fissato molti anni fa da due alpinisti francesi. Prima dell’alba del 7 gennaio, mentre era nella sua tendina al campo I, 5700 metri, il tedesco è stato sorpreso dal violento terremoto con epicentro nella zona di Tingri, sull’altopiano del Tibet.
In una telefonata con Angela Benavides di ExplorersWeb, e poi in un drammatico post su Facebook, ha raccontato di “valanghe che cadevano a destra e a sinistra, insieme a rocce e a blocchi di ghiaccio”, del “vento fortissimo causato dal crollo di un seracco” e del fatto che la sua tenda era stata bucata in più punti, e aveva perso una finestra.
Il terremoto, che ha reso più instabile e pericolosa del solito la parete che sale al Lho La, ha contribuito alla scelta di Kobusch di rinunciare. Hanno pesato sulla sua decisione anche le proteste contro gli elicotteri nella Valle del Khumbu, che avrebbero complicato un eventuale soccorso.
Infine il tedesco si è reso conto di non essere abbastanza in forma per riuscire. “Preferisco concentrarmi sul tornare a casa ad allenarmi, sviluppare le mie capacità e diventare un alpinista migliore, così da ritornare qui più forte” ha scritto Jost Kobusch sui social.
Non ci sono notizie, infine, dopo l’arrivo all’aeroporto di Kathmandu il 1° gennaio, della spedizione al Makalu, 8463 metri, che ha per protagonista l’alpinista iraniano Abolfazl Ghozali, 62 anni, che ha salito l’Everest e il Lhotse come cliente di spedizioni commerciali, ma d’inverno non è mai andato oltre i 5609 metri del Damavand, la montagna più alta dell’Iran.
Non sappiamo se al tentativo di quest’anno partecipano altri clienti, e di quali nazionalità. Sappiamo invece che la spedizione, organizzata dall’agenzia Makalu Adventure, ha come sirdar l’espertissimo Sanu Sherpa, il primo uomo a completare per due volte la collezione dei 14 “ottomila” della Terra.
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