Franceschini spianta i sogni d’Ulivo di Prodi per far felice Schlein
Che cosa ha detto e che cosa ha fatto capire il dem Dario Franceschini al quotidiano Repubblica su presente e futuro del Pd. I Graffi di Damato.
Che cosa ha detto e che cosa ha fatto capire il dem Dario Franceschini al quotidiano Repubblica su presente e futuro del Pd. I Graffi di Damato
Scoperto da Repubblica nel suo nuovo ufficio ricavato bizzarramente da un’autofficina romana all’Esquilino, di cui ha lasciato insegne e attrezzature aggiungendovi qualche poltrona, Dario Franceschini ha sorpreso forse ancora di più proponendo una svolta nel Pd. Dove si è guadagnata la fama non dico di burattinaio ma di regista di operazioni destinate a lasciarlo sempre in maggioranza, pur nei cambiamenti di segretari e persino di linee politiche. Una specie insomma di regolo del partito che contribuì a fondare con Walter Veltroni, Piero Fassino e Franco Marini mettendo insieme resti del Pci, della sinistra democristiana e persino liberali.
Rimastosene in disparte mentre moderati e simili del Pd si dividevano la settimana scorsa in convegni fra Milano e Orvieto per chiedere di contare praticamente di più, sentendosi emarginati dalla segretaria Elly Schlein, l’ex ministro della Cultura Franceschini ha scartato l’idea, visto l’ambiente in cui adesso lavora, di riparare le cose come la biciletta appesa al soffitto della sua ex officina. No, ha riconosciuto il carattere velleitario della “vocazione maggioritaria” del Pd perseguito anche da lui” e ha esortato gli amici che reclamano una pratica correzione di linea di andarsene pure dal partito per metterne su uno proprio. Lasciare alla segretaria del Nazareno il suo “generoso tentativo” di recuperare elettori a sinistra e/o astensionisti, partecipare “divisi” alle elezioni, senza inseguire programmi comuni come chiede Romano Prodi riproponendo i suoi vecchi modelli, e cercare poi, a volti raccolti da divisi, un’intesa di governo alternativa al centrodestra. E ciò “valorizzando le proprie proposte e “l’aspetto proporzionale della legge elettorale”, salvo un accordo di desistenza per “un terzo dei seggi uninominali”, sufficiente ad evitare l’autosufficienza del centrodestra.
Di dubbi su Giuseppe Conte ed ex o post-grillini Franceschini ha mostrato di non averne considerando quanto essi siano diventati diversi dalle posizioni di partenza del 2013 e del 2018. Piuttosto, da diavolo tentatore, egli si è chiesto perché mai i forzisti di Antonio Tajani rimangano nel centrodestra, diversamente da quanto avrebbe fatto forse Silvio Berlusconi se ancora vivo, per usare “il biglietto della lotteria che non sanno di avere in tasca”. Essi infatti diventerebbero l’ago della bilancia di ogni governo e maggioranza. Potrebbero farlo i figli di Berlusconi scendendo loro in campo al posto del padre, e prepensionando l’attuale vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri? “Non lo so ma il fiuto mi dice di no”, ha risposto Franceschini all’intervistatore Stefano Cappellini, facendo un po’ il politico e un po’ il romanziere, anche di successo.
Il soccorso alla Schlein che si può intravedere nelle parole di Franceschini, liberandola dall’accerchiamento dei moderati, non è naturalmente scontato. Il destino della segretaria del Pd dopo le elezioni potrebbe diventare più precario sulla strada di Palazzo Chigi.
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