Detenute, invisibili tra gli invisibili: le carceri ignorano i bisogni delle donne
Le carceri vengono pensate al maschile e plasmate sui bisogni degli uomini detenuti, a pagarne le conseguenze sono le donne e i loro diritti. The post Detenute, invisibili tra gli invisibili: le carceri ignorano i bisogni delle donne appeared first on The Wom.
La detenzione femminile è caratterizzata da una marcata marginalità sociale, ancora più accentuata di quella maschile. Le pene sono tendenzialmente brevi e ripetute, dovute soprattutto alla criminalità di strada, causa e sintomo di una marginalità sociale che il periodo di detenzione non fa che accentuare, creando così un circolo vizioso. La maggiore stigmatizzazione che le donne detenute subiscono rispetto all’uomo, dovuta al fatto che abbiano scardinato lo stereotipo della donna “angelo del focolare” e “tradito” il ruolo di moglie e di madre che la società assegna loro, fa sì che rompano il legame con il proprio partner o con la propria famiglia di provenienza ben più frequentemente di quanto non accada per gli uomini. Ciò contribuisce all’elevato disagio psichico che le donne sperimentano durante e dopo la detenzione.
Detenute, invisibili tra gli invisibili
Invisibili tra gli invisibili, ma con esigenze specifiche che rischiano di essere soffocate nelle criticità degli istituti penitenziari. Secondo l’analisi dedicata alle detenute dall’associazione Antigone, la presenza delle donne detenute nelle carceri italiane si attesta da molti anni poco sopra il 4% del totale della popolazione detenuta. Se all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, quando il numero complessivo delle persone detenute era poco più della metà di quello odierno, la percentuale femminile superava di poco il 5% del totale dei reclusi, è ormai ferma da molti anni attorno all’attuale 4,2%. In particolare, in base ai numeri più recenti, risulta che al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Le donne erano 2.619, il 4,3% dei presenti.
«Le donne in carcere sono percentualmente poche e ciò ha delle oggettive conseguenze sulle condizioni materiali di detenzione – spiega Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone e dell’Osservatorio sulle carceri minorili – che sono state evidenziate più e più volte da chiunque si sia occupato del tema».
La capienza ufficiale delle carceri femminili, ad esempio, è pari a 533 posti letto. Il tasso di affollamento ufficiale risulta del 112,3%, superiore al tasso di affollamento ufficiale generale delle carceri italiane (pari al 109,2%, e tuttavia inferiore a quello reale vista la mancata considerazione dei posti letto inutilizzabili).
Le donne, con il piccolo peso numerico che arrecano al sistema penitenziario, non sono responsabili del sovraffollamento carcerario ma lo subiscono più degli uomini, quando non soffrono al contrario di isolamento
Solo quattro carceri femminili in tutta Italia
Con soli quattro carceri femminili in tutta Italia, le sezioni per le donne sono in strutture a prevalenza maschile e questo fa sì che abbiano poche opportunità, perché diventa dispendioso avviare attività significative (corsi, attività lavorative e culturali) con numeri bassi. «Il problema sarebbe risolvibile con facilità qualora si superasse l’anacronistico divieto di incontro tra uomini e donne in carcere, permettendo attività diurne congiunte. È necessaria un’attenzione gestionale» sottolinea Marietti.
Nel novero dei suicidi, che hanno raggiunto livelli impressionanti nel 2024 (32 nel 2024 a livello nazionale, dato aggiornato al 18 aprile), le detenute sono una piccola quota. Ma esistono: due in Italia
L’associazione Antigone ha sottolineato, nel suo primo rapporto sulla detenzione al femminile, che se il valore assoluto è basso, il numero di casi rispetto alla popolazione media ha assunto, fino almeno al 2023, un valore molto alto, anche più degli uomini (in Lombardia, ad esempio, Brescia è stata scossa dal suicidio di una detenuta nel 2022).
E le ragazze come vivono nelle carceri?
Al gennaio 2023, sui 385 giovani reclusi nelle carceri minorili italiane solo 10 erano ragazze, pari al 2,6% del totale, una percentuale ancora inferiore a quella delle donne detenute adulte. Le comunità ospitavano 58 ragazze sottoposte a misure penali, il 6,5% del totale. In generale erano 1.300 le giovani in carico ai servizi per la giustizia minorile, pari al 9,4% del totale di ragazzi e ragazze in carico per l’esecuzione di qualche misura penale o per indagini sociali e progetti trattamentali.
Anche le ragazze più giovani sono marginalizzate per gli stessi motivi: le donne sono poche, meno pericolose e dunque invisibili.
Il sistema penale investe la maggior parte delle risorse sul controllo della devianza maschile e sul mantenimento dell’ordine, relegando il sistema detentivo femminile a una spesa residuale.
Per questo motivo le donne in carcere hanno spazi più piccoli, minore possibilità di risposta ai bisogni specifici, meno strutture e quindi meno possibilità di scontare la pena vicino al territorio in cui si hanno reti familiari e sociali.
Donne Lgbt+ , ulteriore marginalizzazione in carcere
La popolazione carceraria include non solo donne cisgender, ma anche persone transmasch (assegnate femmine alla nascita con identità di genere maschile) e persone transfemm (assegnate maschi alla nascita con identità di genere femminile). Le carceri, strutturate sulla separazione binaria tra uomini e donne, non riconoscono adeguatamente le identità non conformi al sesso biologico, creando discriminazioni multiple.
Le donne transgender, ad esempio, subiscono marginalizzazioni che le relegano in reparti separati negli istituti maschili, negando loro il diritto all’identità e pari opportunità riabilitative. I transmasch, invece, pur non essendo collocati in categorie separate, subiscono invisibilità e mancanza di attenzione ai loro bisogni specifici.
Questi meccanismi perpetuano stereotipi di genere e impediscono una tutela equa della diversità di genere. Le donne transgender appaiono femminili e dunque attirano su di sé forme di offesa e denigrazione legate all’oggettificazione e sessualizzazione dei loro corpi. Nonostante questo, nella logica detentiva, la condizione biologica cristallizza il loro essere maschi e ne giustifica la separazione “non promiscua” dalle donne.
La marginalizzazione inizia dunque con una condanna nella condanna: l’essere ristrette in istituti maschili e in ambienti separati, gli appositi reparti transex, che rinnegano strutturalmente la differenza di genere privando queste detenute del diritto all’identità individuale e dell’accesso a pari opportunità riabilitative e trattamentali
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Carceri a misura di donne, le proposte di Antigone
Per fare in modo che il carcere sia a misura di donne, rispettando i loro bisogni, Antigone afferma la necessità di creare una specifica unità amministrativa all’interno del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che possa essere diretta da persone esperte in politiche di genere e possa occuparsi esclusivamente delle donne in carcere. Oltre a questo, serve garantire diversi diritti che l’associazione sintetizza in alcune proposte:
- Accesso paritario e inclusivo: Promuovere azioni positive per rimuovere gli ostacoli che limitano l’accesso delle donne al lavoro, all’istruzione e alla formazione professionale
- Condizioni igieniche adeguate: Garantire che le camere di pernottamento delle detenute siano dotate di tutto il necessario per soddisfare le esigenze igienico-sanitarie, compresa la fornitura gratuita di assorbenti
- Prevenzione sanitaria equivalente: Offrire servizi di prevenzione e screening dei tumori femminili, come il Pap test e lo screening per il cancro al seno, equivalenti a quelli disponibili per le donne in libertà
- Valutazione e tutela contro la violenza: All’ingresso in carcere, assicurare un esame approfondito per rilevare eventuali abusi subiti prima della detenzione e garantire alle detenute vittime di violenza il diritto di rivolgersi alle autorità giudiziarie
- Continuità delle cure: Fornire supporto sanitario, psicologico e sociale alle donne vittime di violenza, con continuità anche dopo la detenzione
- Formazione del personale: Assicurare che il personale penitenziario riceva una formazione specifica sulla violenza di genere e sui diritti delle donne detenute
- Prevenzione della discriminazione: Evitare qualsiasi forma di discriminazione di genere nei confronti delle donne che lavorano nello staff penitenziario
- Attività diurne congiunte: Organizzare attività comuni per detenuti e detenute nelle strutture miste, favorendo opportunità per le donne
- Custodia attenuata: Orientare le carceri femminili verso un modello di custodia più umana e inclusiva, ispirato alla vita nella comunità libera
Queste azioni vogliono garantire dignità, parità e sicurezza per le donne detenute e per chi opera nel sistema penitenziario. Diritti che non possono più essere trascurati.
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