Come e perché Federico Rampini trumpeggia
L'editorialista del Corriere della sera, Federico Rampini, con analisi e commenti anche in tv spiazza i commentatori anti Trump e anti Musk.
L’editorialista del Corriere della sera, Federico Rampini, con analisi e commenti anche in tv spiazza i commentatori anti Trump e anti Musk.
Federico Rampini trumpeggia sugli ideologismi pro Dem negli Usa e spiazza anche i commentatori schierati in Italia su posizioni anti Trump.
CHE COSA HA SCRITTO RAMPINI SUL CORRIERE DELLA SERA
“Il tema «oligarchia» è reale – ha scritto oggi Rampini, che da tempo segue la politica americana anche come corrispondente dagli States -. Il potere di Musk non si può sottovalutare, nella sua dimensione nazionale e mondiale, nella sfera industriale, tecnologica, strategica, mediatica. Però i democratici sarebbero più credibili se avessero lanciato lo stesso allarme quando Musk e la stragrande maggioranza dei capitalisti (da Big Tech alla finanza) stavano dalla loro parte, finanziavano le loro campagne elettorali, foraggiavano il conformismo dogmatico della woke culture. Cioè fino all’altroieri. Questo non significa abbassare la guardia su Musk, ma passare al vaglio il pulpito da cui vengono le prediche”.
“Conflitti d’interesse e tentazioni oligarchiche sono bipartisan – ha ricordato l’editorialista del Corriere della sera – Non ne furono immuni presidenti progressisti come Franklin Roosevelt (delegò un’enorme influenza al banchiere Morgenthau nella Seconda guerra mondiale), John Kennedy (mise il numero uno dell’industria automobilistica Robert McNamara a dirigere il Pentagono all’inizio della guerra del Vietnam), Bill Clinton (nominò al Tesoro il capo di Goldman Sachs, Bob Rubin, con effetti rovinosi sulla deregulation di Wall Street). Chi sostiene che Musk è diverso dai precedenti per via del suo potere mediatico dovrebbe rivedere il film Quarto Potere di Orson Welles. Quel capolavoro del 1941 ricostruisce l’epoca in cui alcuni magnati dettavano la politica estera attraverso i loro giornali”.
Se sul giornale cartaceo il pezzo di Rampini compare come editoriale, sulla versione on line del Corriere della sera è “derubricato” nella sezione Opinioni.
LE PERFORMANCE DI RAMPINI SULLE TV ITALIANE
Ma nei giorni scorsi Rampini ha accennato a questi e ad altri aspetti della politica americana in alcuni interventi sulle tv italiane. Joe Biden è “un brav’uomo, una persona per bene” ma un presidente “di media statura” non “un eroe della patria, ci è voluto un assedio formidabile dei suoi compagni di partito per schiodarlo dalla sua poltrona in favore di Kamala Harris”, ha detto Rampini su Joe Biden nei giorni scorsi su La7.
RAMPINI: L’ACCORDO TRA ISRAELE E HAMAS HA L’IMPRONTA DI DONALD TRUMP
Una lucidità che si specchia nell’analisi che Rampini offre ai suoi lettori e ascoltatori dell’intesa raggiunta a fatica tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco. Nell’ultima conferenza stampa alla Casa Bianca il presidente Usa Biden aveva ricordato che il testo dell’accordo siglato in Medioriente ricalcava quello a cui la sua amministrazione aveva lavorato a maggio. “Biden può dire quello che vuole – ha detto Federico Rampini nel corso de L’aria che tira, programma condotto da David Parenzo su La7 – questo accordo è pronto da molti mesi ma non riusciva a essere accettato dalle parti. Lo è stato solo alla vigilia dell’insediamento di Trump e oggi viene riconosciuto da tutti gli analisti, anche i più “antitrumpiani” come quelli de The Economist. Insomma, anche per Federico Rampini questo accordo “ha l’impronta di Trump”.
#Tregua a #Gaza, qual è stato davvero il ruolo di #Trump? #Israele #Palestina #Netanyahu #Hamas #Iran #Arabia #America https://t.co/8Kej8ZUcIN
— Federico Rampini (@FedericoRampini) January 16, 2025
RAMPINI: LO SPLIT VOTE E LA DECISIONE DI SCEGLIERE “IL MENO PEGGIO” (CHE NON ERA TRUMP)
Quella di Rampini non è una giravolta. L’editorialista ha dichiarato di avere votato per Kamala Harris sebbene la considerasse “la peggiore candidata che io abbia mai votato, dopo aver messo la mia scheda nell’urna con i nomi di Barack Obama nel 2012, Hillary Clinton nel 2016, Joe Biden nel 2020”. Rampini si era già espresso sulla disfida tra Biden e Trump come di una contesa tra un “deficiente e un delinquente”.
Venendo meno la candidatura di Biden, la scelta era sembrata obbligata all’editorialista e inviato del Corriere della Sera. “Donald Trump l’ho visto da vicino per quattro anni, l’ho seguito come corrispondente alla Casa Bianca in tanti summit internazionali. Incluso uno, tremendo, il 16 luglio 2018 a Helsinki con Putin – ricorda Rampini -: quest’ultimo, letteralmente, gli suggeriva le risposte, lo imbeccava su dossier come la Crimea. Vorrei evitare un bis, all’America e al mondo”. Questa mancanza di stima nei confronti di Donald Trump e le preoccupazioni per i “danni che il protezionismo di Trump potrebbe infliggere alle economie degli alleati” non gli ha impedito di optare per il voto disgiunto.
“Al voto per mandare Harris alla Casa Bianca, ne ho affiancato uno a favore dell’opposizione, al Congresso – ha “confessato” al suo giornale -. Per la prima volta da quando sono cittadino mi sono rassegnato a quello che si chiama split vote (voto divergente), in favore del divided government (potere condiviso). Avendo vissuto in due Stati — California e New York — dove il Partito democratico ha maggioranze «bulgare», non ha opposizione, e consegna tutto il potere alla sua ala più fanatica, ho visto il degrado nel governo locale, nei servizi pubblici, nella sicurezza. Mi sono affezionato al principio costituzionale dei checks and balance (controlli e bilanciamenti) che fa di questa Repubblica la liberaldemocrazia più longeva della storia. Accetto di votare per il meno peggio”.
RAMPINI I ROBBER BARONS CONTEMPORANEI CHE PREOCCUPANO BIDEN
Rampini, da profondo conoscitore degli Usa, ha sottolineato anche un altro spunto del discorso di Biden. “Ha fatto un riferimento storico molto interessante quando ha detto che come un secolo fa rischiamo di scivolare verso un’oligarchia”. Non è una storia nuova, ha rimarcato Rampini. “A cosa alludeva? AI cosiddetti “baroni ladri, i “robber barons”, ovvero i magnati come Rockfeller e J.P. Morgan che si imposero “nell’epoca in cui l’America si costruiva letteralmente con le grandi ferrovie trans-continentali, le banche e un capitalismo molto aggressivo”, ha detto giorni prima di firmare l’editoriale odierno del Corriere della sera che riprende, come detto all’inizio, questi aspetti.
LE GIRAVOLTE DEI BOSS DELLE BIG TECH
Il riferimento di Biden è ai patron delle Big Tech della Silicon Valley, da Elon Musk (ormai organico anche al governo) a Jeff Bezos, che, come si legge nella newsletter “Login” del Corriere della Sera, saranno tutti alla cerimonia di inaugurazione di Trump, “compreso il Ceo di TikTok, Shou Zi Chew”. Il primo è stato Mark Zuckerberg che “continua nella sua giravolta filo-repubblicana” avendo deciso di eliminare “il fact-checking sulle sue piattaforme e la modifica della moderazione dei contenuti in tutto il mondo”. Inoltre, alla cerimonia di inaugurazione “ci sarà anche Tim Cook. Apple però per il momento accoglie Trump, senza cambiare la sua identità aziendale”. I boss delle big tech “fino all’altro ieri erano allineati a sinistra e hanno tentato attraverso i social media di influire sull’opinione pubblica”, ricorda Rampini “ma l’opinione pubblica non si fa manipolare. Se fosse vero che chi comanda nei social decide le elezioni avrebbe vinto Kamala Harris”.
GLI ATTENTATI A TRUMP: RAMPINI CONTRO IL CLIMA DI ODIO
Il percorso di Rampini contro “il clima di odio” e la mostrificazione di Donald Trump arriva da lontano. “Non mi aspettavo un attentato ai danni di Trump, non potevo prevedere un gesto così terribile – ha detto nel corso della trasmissione di La7, Otto e mezzo -. L’escalation di violenza verbale, ideologica e propagandistica era sotto gli occhi di tutti. Quello che sta venendo fuori, in una specie di resa di conti tra Democratici e Repubblicani, è che se tutti noi abbiamo condannato la violenza del 6 gennaio 2021 aizzata da Donald Trump, l’assalto a Capitol Hill e c’è stata intransigenza, giustamente, da parte della sinistra, ecco, però, anche la sinistra ha i suoi scheletri nell’armadio. Da una parte ci sono state le violenze diffuse in tutta l’America nel 2020 da parte di sedicenti movimenti antirazzisti e antifascisti che hanno assaltato anche le istituzioni ma nell’indulgenza generale dei media progressisti”. Gli stessi media progressisti, ricorda Rampini, non hanno stigmatizzato la rappresentazione di Trump con le fattezze di Adolf Hitler. “Se non è questo un invito al tirannicidio, ci manca poco”, sottolinea Rampini.
E sul secondo attentato, gli spari nei pressi di un golf club visitato dal presidente Trump, Rampini ha detto: “Sì, Trump è un uomo che usa una retorica incendiaria, però bisogna stare molto attenti anche al clima che c’è dalla parte opposta. Se uno va a guardarsi i commenti online, si nota che a sinistra si dividono tra quelli che dicono ‘se l’è cercata lui’, che è un po’ come dire ‘se l’è meritata, speriamo che la prossima volta qualcuno ci riesca a farlo fuori’; e poi c’è la sinistra paranoide e complottista che dice che gli attentati se li organizza lui per avere un rimbalzo di popolarità”.
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