Allarme sicurezza a Milano, Beppe Sala se ne accorge a scoppio ritardato
Che il tema della sicurezza a Milano si stia aggravando, lo si intuisce chiaramente dall’intensificarsi dei fatti di cronaca delle ultime settimane. Che l’amministrazione comunale non la consideri la massima priorità, è altrettanto palese dalle ultime dichiarazioni del sindaco Beppe Sala. Il quale, a più di due settimane dalle aggressioni di Capodanno in piazza Duomo, dove alcune donne sono state accerchiate e molestate da stranieri, si è deciso perlomeno a intervenire sulla questione.Meglio tardi che mai? Sì, ma qualcosa ancora non quadra. “La sicurezza è un diritto e tutto quello che si può fare, si farà. Ripeto, bisogna porre attenzione a nuovi fenomeni che si stanno sviluppando e che ovviamente ci preoccupano”. L’intervento del sindaco, oltre che tardivo, pecca di eccessiva morbidezza: è sfumato, edulcorato, sfiora il problema senza entrarvi davvero. Sala, che pure si è accorto in ritardo del problema, ha una gran fretta di precisarne i contorni: “Non si può attribuire tutto al tema immigrazione, la destra soffia sul fuoco da sempre”.Insomma, se da un lato sui temi del green e sulla dottrina del politicamente corretto, l’amministrazione milanese è inflessibile ai limiti dell’ideologico, sulla questione sicurezza, che proietta Milano sulle pagine di cronaca più spesso di quanto vorremmo, il Comune non si riesce ad assumere una posizione netta. E’ tutto un ‘sì, però’. Sì, esiste un problema sicurezza a Milano, “però non abbiamo la bacchetta magica”. Sì, è allarmante, “però la destra soffia sul fuoco”. Sì, nei fatti di Capodanno erano coinvolti immigrati, “ma ci siamo presi tempo per capire”, e comunque “abbiamo bisogno di immigrazione, serve farsene una ragione”. Questa difficoltà ad ammettere ciò che è innegabile, e cioè che pezzi della città sono nel caos, e la cura non sta funzionando, dimostra che l’amministrazione non è in grado di gestire il problema con la dovuta efficacia. E non è solo una questione di “possibilità”, ma anche di “volontà” politica. E’ indubbio che in alcune grandi città amministrate dal centrosinistra – pensiamo a Milano, ma anche a Torino e Roma – si fatica ad usare il pugno duro anche per non sacrificare consensi. Esistono legami importanti tra la sinistra metropolitana e certe frange massimaliste, come quelle dei centri sociali che qualche giorno fa hanno accolto i poliziotti con bombe carta e lanci di transenne. Qualcuno, nei corridoi comunali, considera i delinquenti dei “ragazzi vivaci”, che tutto sommato vanno lasciati fare perché sotto sotto esprimono concetti condivisibili e democratici. Quali siano questi concetti lo sappiamo tutti: che la proprietà è un furto, che Israele è uno stato occupante, e che domattina in Italia tornerà il fascismo. Questa connivenza tra politica locale e frange facinorose si esplicita storicamente non solo sulla base di affinità politico-ideologiche, ma anche con gesti concreti: come quello di chiudere tutti e due gli occhi di fronte alle occupazioni illegali dei palazzi pubblici, o di sorvolare dinanzi ai succitati scontri con la polizia, o di esprimere vibrante preoccupazione per il comportamento dei carabinieri sulla vicenda del povero Ramy. Questo buonismo latente ma non troppo nei confronti dei violenti, è una macchia che in certi comuni non si riesce a cancellare, e che rende ancor più complicato prendere di petto il problema sicurezza.Un allarme ancora gestito sottogamba poiché in definitiva non collima con gli interessi del popolo della Ztl, il quale è altamente concentrato sulla qualità delle aiuole dell’isola pedonale, anziché sull’aumento della delinquenza dei sobborghi. Ecco perché la criminalità non compare sulle prime righe dell’agenda politica: il progressismo locale e nazionale non ha interesse politico ad occuparsene. Insomma, le rapine, le molestie, i furti, non sono considerate urgenze: la periferia fuori controllo, tutto sommato, può attendere.
Che il tema della sicurezza a Milano si stia aggravando, lo si intuisce chiaramente dall’intensificarsi dei fatti di cronaca delle ultime settimane. Che l’amministrazione comunale non la consideri la massima priorità, è altrettanto palese dalle ultime dichiarazioni del sindaco Beppe Sala. Il quale, a più di due settimane dalle aggressioni di Capodanno in piazza Duomo, dove alcune donne sono state accerchiate e molestate da stranieri, si è deciso perlomeno a intervenire sulla questione.
Meglio tardi che mai? Sì, ma qualcosa ancora non quadra. “La sicurezza è un diritto e tutto quello che si può fare, si farà. Ripeto, bisogna porre attenzione a nuovi fenomeni che si stanno sviluppando e che ovviamente ci preoccupano”. L’intervento del sindaco, oltre che tardivo, pecca di eccessiva morbidezza: è sfumato, edulcorato, sfiora il problema senza entrarvi davvero. Sala, che pure si è accorto in ritardo del problema, ha una gran fretta di precisarne i contorni: “Non si può attribuire tutto al tema immigrazione, la destra soffia sul fuoco da sempre”.
Insomma, se da un lato sui temi del green e sulla dottrina del politicamente corretto, l’amministrazione milanese è inflessibile ai limiti dell’ideologico, sulla questione sicurezza, che proietta Milano sulle pagine di cronaca più spesso di quanto vorremmo, il Comune non si riesce ad assumere una posizione netta. E’ tutto un ‘sì, però’. Sì, esiste un problema sicurezza a Milano, “però non abbiamo la bacchetta magica”. Sì, è allarmante, “però la destra soffia sul fuoco”. Sì, nei fatti di Capodanno erano coinvolti immigrati, “ma ci siamo presi tempo per capire”, e comunque “abbiamo bisogno di immigrazione, serve farsene una ragione”. Questa difficoltà ad ammettere ciò che è innegabile, e cioè che pezzi della città sono nel caos, e la cura non sta funzionando, dimostra che l’amministrazione non è in grado di gestire il problema con la dovuta efficacia.
E non è solo una questione di “possibilità”, ma anche di “volontà” politica. E’ indubbio che in alcune grandi città amministrate dal centrosinistra – pensiamo a Milano, ma anche a Torino e Roma – si fatica ad usare il pugno duro anche per non sacrificare consensi. Esistono legami importanti tra la sinistra metropolitana e certe frange massimaliste, come quelle dei centri sociali che qualche giorno fa hanno accolto i poliziotti con bombe carta e lanci di transenne. Qualcuno, nei corridoi comunali, considera i delinquenti dei “ragazzi vivaci”, che tutto sommato vanno lasciati fare perché sotto sotto esprimono concetti condivisibili e democratici. Quali siano questi concetti lo sappiamo tutti: che la proprietà è un furto, che Israele è uno stato occupante, e che domattina in Italia tornerà il fascismo. Questa connivenza tra politica locale e frange facinorose si esplicita storicamente non solo sulla base di affinità politico-ideologiche, ma anche con gesti concreti: come quello di chiudere tutti e due gli occhi di fronte alle occupazioni illegali dei palazzi pubblici, o di sorvolare dinanzi ai succitati scontri con la polizia, o di esprimere vibrante preoccupazione per il comportamento dei carabinieri sulla vicenda del povero Ramy. Questo buonismo latente ma non troppo nei confronti dei violenti, è una macchia che in certi comuni non si riesce a cancellare, e che rende ancor più complicato prendere di petto il problema sicurezza.
Un allarme ancora gestito sottogamba poiché in definitiva non collima con gli interessi del popolo della Ztl, il quale è altamente concentrato sulla qualità delle aiuole dell’isola pedonale, anziché sull’aumento della delinquenza dei sobborghi. Ecco perché la criminalità non compare sulle prime righe dell’agenda politica: il progressismo locale e nazionale non ha interesse politico ad occuparsene. Insomma, le rapine, le molestie, i furti, non sono considerate urgenze: la periferia fuori controllo, tutto sommato, può attendere.
What's Your Reaction?