Diplomazia d’interessi: Musk, il tycoon, la Cina. E Bruxelles è all’angolo

La visione del nuovo presidente americano Donald Trump è iper-nazionalista. Con Pechino (e Mr. Tesla) si saldano interessi comuni

Jan 21, 2025 - 05:31
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Diplomazia d’interessi: Musk, il tycoon, la Cina. E Bruxelles è all’angolo

Roma, 21 gennaio 2025 – We, the people. Così comincia la dichiarazione di indipendenza delle tredici colonie americane ribelli, scritta nel 1776. Oggi, 2025, Donald Trump la riscrive in “Io, il popolo”, ponendosi come interprete fedele e assoluto degli animi del popolo americano per “fare di nuovo grande l’America”. Il populismo è assolutista, e il populista sincero somiglia tantissimo a un sovrano plebiscitario: un “re democratico”, non investito dal potere divino, ma da un popolo che si fa dio e che parla attraverso il re.

Donald Trump e Elon Musk
epaselect epa11837518 US President-elect Donald Trump (L) with businessman Elon Musk (R) on stage during a rally at Capital One Arena in Washington, DC, USA, 19 January 2025. President-elect Donald Trump, who defeated Joe Biden to become the 47th president of the United States, will be inaugurated on 20 January, though all of the planned outdoor ceremonies and events have been cancelled due to a forecast of extreme cold temperatures. EPA/WILL OLIVER

Il nuovo show è appena iniziato. Dando un’occhiata alla forma e alla organizzazione della cerimonia inaugurale, si vedono anche le prime rotture evidenti rispetto al passato. Prima di tutto lo strano caso della Cina, che non solo accetta di partecipare inviando un delegato al posto del presidente Xi Jinping (il vicepresidente Han Zheng), ma coglie l’occasione per incontrare Elon Musk e porre le basi di possibili future joint-venture e partnership commerciali. Un tempo, con Kissinger, era celebre l’espressione “diplomazia triangolare” per spiegare l’intreccio dei rapporti che legavano – e dividevano – Unione Sovietica, Stati Uniti e Cina.

Oggi il duo Musk/Trump propone una nuova diplomazia che, più che triangolare, sembra prismatica: mille facce, mille possibili iniziative, incardinata su due vertici di riferimento: la Cina, potenza economica emergente ma non così costante (a dicembre gli indici manifatturieri del Dragone hanno visto un rallentamento pesante), e gli Stati Uniti, potenza di riferimento dell’Occidente sul piano politico-militare con vasti interessi in Cina.
Non va dimenticato che gran parte della produzione di elettronica di consumo statunitense (e non solo) è assemblata in Cina, e che Tesla di Elon Musk ha una sede di produzione proprio a Shangai, dalla quale è uscito, nel 2022, il milionesimo esemplare della Model Y.


Trump e Musk sembrano muoversi in accordo dinamico sulle questioni cinesi: il social TikTok, vietato negli Usa fino a pochi giorni fa, domenica ha ripreso a funzionare negli Usa (e i cinesi hanno attribuito il cambiamento a un mutato atteggiamento del nuovo presidente); ma Musk continua a sostenere che il principio della reciprocità dovrebbe valere anche per il suo X, oscurato in Cina.

Dai social alle regole per il funzionamento delle aziende estere in terra americana e cinese il passo è breve e in questo gioco di specchi centrato sulle personalità imprevedibili e volubili di Trump (che non cessa di minacciare dazi a destra e manca), Musk (che persegue il suo puro utile economico di imprenditore visionario), e la Cina, silenziosa e melliflua, chi scompare del tutto è la vecchia Europa.


Meloni, invitata all’inaugurazione, è l’unico leader di peso del Consiglio europeo a partecipare; gli altri, sono solo leader della destra sovranista globale. Qualcuno esulta al ritorno della nozione di Patria con Trump: non sa quanto sbaglia. La visione di Trump è patriottica a senso unico, quello americano, e in maniera perversa: gli altri, le piccole patrie sparse in giro, Europa compresa, potranno essere strumenti di un nuovo globalismo aggressivo incentrato sulle visioni Trump/Musk/Xi, ma non avranno mai una reale indipendenza. Benvenuti nella nostra nuova realtà.

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