Trump sta cercando di rendere di nuovo grande la Groenlandia?

Come andranno le economie di Usa, Ue e non solo. L'analisi di Mark Dowding, Fixed Income CIO, RBC BlueBay AM

Jan 19, 2025 - 08:43
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Trump sta cercando di rendere di nuovo grande la Groenlandia?

Come andranno le economie di Usa, Ue e non solo. L’analisi di Mark Dowding, Fixed Income CIO, RBC BlueBay AM

 

I rendimenti dei Treasury statunitensi sono scesi nell’ultima settimana, sulla scia di un rapporto favorevole sull’IPC che ha mostrato una leggera flessione della crescita dei prezzi di base, al 3,2% in dicembre. Tuttavia, facendo un passo indietro, osserviamo che l’inflazione è rimasta sostanzialmente stabile intorno a questo livello negli ultimi sei mesi. A nostro avviso, sarà necessario un nuovo calo dell’inflazione perché la Fed riprenda l’allentamento della politica nei prossimi mesi.

Ciò suggerisce che la Fed rimarrà in attesa durante il primo semestre di quest’anno, poiché, al momento, non abbiamo troppa fiducia nel riemergere di una simile tendenza al ribasso. Con l’economia che mantiene un forte slancio e con i rischi di rialzo dei prezzi legati alle politiche commerciali, di immigrazione e fiscali dell’amministrazione Trump entrante, i rischi sull’inflazione restano a nostro avviso bidirezionali.

Tuttavia, continuiamo a ritenere che il FOMC sia più propenso a tagliare, piuttosto che a rialzare i tassi nei prossimi mesi, data la valutazione di Powell secondo cui la politica monetaria rimane relativamente restrittiva. Al contrario, affinché la Fed torni a inasprire la politica nei prossimi mesi, riteniamo che l’inflazione dovrebbe avvicinarsi al 4% per l’IPC core e al 3,5% per il PCE core.

Tuttavia, a nostro avviso, è uno scenario poco probabile. Con il rafforzamento del dollaro USA, sembra improbabile che i dazi abbiano un impatto inflazionistico rilevante nel breve periodo. Allo stesso modo, riteniamo che ci possa essere un certo allentamento fiscale netto, ma non particolarmente rilevante nel 2025, a patto che l’economia rimanga solida e che le entrate fiscali reggano.

Da questo punto di vista, continuiamo a ritenere che i rendimenti a 2 anni siano correttamente prezzati intorno al 4,25%. Più in là nella curva dei rendimenti, negli ultimi due mesi si è assistito a un movimento di bear steepening, con i rendimenti a lunga scadenza che hanno superato il 5,00% all’inizio della settimana.

Tuttavia, dopo aver raggiunto questo livello, pensiamo che questo movimento possa fermarsi per il momento. Nel medio termine è probabile un ulteriore irripidimento della curva, ma riteniamo che questo si verificherà più probabilmente quando i rendimenti a breve termine saranno in grado di risalire.

Di conseguenza, riteniamo di aver raggiunto un punto in cui non ci sono molte opportunità per quanto riguarda i tassi statunitensi o la curva dei Treasury, e questo ci ha visto appiattire il rischio in questo spazio nell’ultima settimana.

In Europa, continuiamo a ritenere che la Bce taglierà i tassi nei prossimi mesi, in risposta a un contesto di crescita economica debole. Come negli Stati Uniti, l’inflazione core rimane al di sopra dell’obiettivo, con un andamento laterale dei prezzi core intorno al 2,7%.

Tuttavia, i rischi di ribasso sono maggiori nell’Eurozona e, sebbene l’inflazione si stia dimostrando vischiosa nell’ultimo “mezzo miglio”, la Bce non sembra avere molto da temere per quanto riguarda una nuova accelerazione delle pressioni inflazionistiche. Di conseguenza, crediamo che Lagarde allenterà i tassi di 25pb in ciascuno dei prossimi tre trimestri.

Gli spread francesi hanno registrato un leggero rialzo nell’ultima settimana, grazie ad alcuni progressi percepiti in merito al bilancio. Tuttavia, ci aspettiamo che l’attuale governo Bayrou duri solo fino a quest’estate. A questo punto pensiamo che sarà politicamente conveniente per Le Pen ritirare il sostegno del National Rally, indicendo nuove elezioni una volta trascorsi 12 mesi dal voto della scorsa estate.

Da questo punto di vista, nei prossimi mesi gli spread potrebbero rimanere nel range, ma se gli OAT si restringono al di sotto dei 70pb rispetto ai Bund, questo potrebbe rappresentare un buon punto di ingresso per entrare short in vista delle pressioni previste per l’allargamento degli spread, più avanti nel corso dell’anno.

Nel Regno Unito, dati più positivi sull’inflazione hanno aiutato i Gilt a salire questa settimana. L’IPC core è sceso al 3,2% a dicembre, mentre l’inflazione dei servizi è passata dal 5,0% al 4,4%. Tuttavia, vorremmo sottolineare che parte di questo calo è legato al comportamento di alcune voci volatili del paniere IPC. In particolare, le tariffe aeree hanno registrato un -26% su base annua a dicembre, in parte a causa di una data di campionamento anticipata, che non ha colto appieno l’aumento dei prezzi natalizi. Questo movimento (e la relativa lettura dei prezzi degli hotel) si invertirà il mese prossimo, facendo salire i numeri.

Inoltre, nei mesi a venire, il Regno Unito è pronto a pagare bollette più salate, tasse comunali più elevate, inflazione alimentare in aumento e prezzi più alti legati al trasferimento da parte delle aziende di maggiori oneri fiscali sul lavoro. In questo modo, riteniamo che i dati di dicembre sull’inflazione britannica possano essere i migliori, per il momento.

È chiaro che la BoE ha un orientamento dovish e vorrebbe allentare la politica monetaria. Pertanto, non sarebbe troppo sorprendente se Bailey tagliasse i tassi al 4,5% nella riunione di febbraio. Tuttavia, l’inflazione rimane al di sopra dell’obiettivo e vediamo un margine limitato per un ulteriore allentamento. Analogamente, sul fronte fiscale, le regole di bilancio del governo potrebbero essere messe in discussione dall’aumento dei rendimenti che si traduce in costi di prestito elevati. Questo potrebbe mettere Reeves sotto pressione per aumentare le tasse o tagliare la spesa nel bilancio di primavera.

Tuttavia, il fulcro dei problemi del Regno Unito in una prospettiva di medio termine è la mancanza di crescita, in un momento in cui il sentiment è depresso e il governo sembra privo di idee. Infatti, per quanto si parli di voler promuovere la crescita, spesso sembra che le azioni del governo siano pensate per ottenere l’effetto opposto.

Un esempio della confusione del governo britannico in materia di crescita è rappresentato dal suo atteggiamento nei confronti dell’industria del petrolio e del gas. Il Regno Unito è un Paese che dispone di riserve nel Mare del Nord tali da poter essere autosufficiente in termini di gas per molti anni a venire. Tuttavia, le compagnie petrolifere sono ostacolate nello sviluppo di nuovi giacimenti a causa di un’agenda climatica nichilista. Nichilista perché tale ostruzione significa che il Regno Unito è costretto a importare GNL da molto lontano, aumentando così le emissioni Scope 3.

Nel frattempo, ciò implica perdita di posti di lavoro e investimenti nel Regno Unito e che le politiche climatiche non fanno altro che trasferire ricchezza da Paesi come il Regno Unito (e altri dell’Europa occidentale) ad altri Stati produttori di petrolio, in altre parti del mondo. È interessante pensare che molti “liberali”, quando si recano al loro caffè preferito, si preoccupano di sapere se i loro chicchi sono stati acquistati in modo etico.

Ma quando si tratta di idrocarburi, questo pensiero non li tocca. In ogni caso, non sorprende che il Regno Unito e l’Europa stiano pagando troppo per l’energia, e i policymaker potrebbero anche dire alle major petrolifere di lasciare il Regno Unito e trasferire le loro quotazioni a New York, dove queste aziende sono meglio accolte.

Nei mercati valutari, la sterlina ha continuato a sottoperformare nell’ultima settimana e continuiamo a prevedere un ulteriore ribasso. Nel frattempo, lo yen ha registrato una recente performance positiva, in vista della riunione della BoJ di venerdì prossimo.

I commenti dei funzionari della BoJ hanno suggerito fiducia nell’economia e nella crescita dei salari, e un rialzo dei tassi è ora scontato con una probabilità di circa l’80%. Ci aspettavamo che la stretta della BoJ fosse un catalizzatore per la sovraperformance dello yen e manteniamo una visione rialzista, che preferiamo esprimere nei confronti della sterlina e dell’euro.

Per quanto riguarda il dollaro USA, i mercati attendono l’insediamento di Donald Trump la prossima settimana e le dichiarazioni politiche che seguiranno, per quanto riguarda i dazi. Sulla base dei commenti del Segretario al Tesoro entrante Scott Bessent, il team di Trump continua a incoraggiare un dollaro forte, con il biglietto verde che mantiene il suo ruolo di valuta di riserva mondiale.

Entro la prossima settimana, Trump potrebbe annunciare diversi ordini esecutivi, dato il suo desiderio di agire in fretta e furia. Da questo punto di vista, potrebbe essere più facile prevedere cosa significhi per il dollaro in questo momento. Per il momento, tuttavia, riteniamo che sia opportuno rimanere long risk sulla valuta statunitense.

A conti fatti, siamo propensi a pensare che Trump possa sorprendere i mercati mostrandosi più assertivo di quanto attualmente si pensi. Allo stesso tempo, i dati forti che continuano ad affermare l’eccezionalità della crescita statunitense continuano a favorire il dollaro.

Gli spread degli indici di credito IG sono sostanzialmente invariati rispetto all’inizio dell’anno e anche gli indici dei CDS sono in fase di trading laterale. Gennaio è sempre un mese pesante per le emissioni, anche se in questo caso la domanda è stata solida e le nuove operazioni sono state prezzate solo con piccole concessioni rispetto alle obbligazioni esistenti.

In ambito emergente, la Romania ha registrato una certa sottoperformance a causa delle preoccupazioni di bilancio. La Romania rimane una delle nostre partecipazioni preferite, grazie alle valutazioni interessanti rispetto ad altri asset europei. Speriamo che le recenti pressioni sugli spread e sui rating del credito possano contribuire a garantire che i policymaker cerchino di consolidare la posizione di bilancio, tenendo conto della debolezza endemica nella riscossione delle imposte, che non dovrebbe essere troppo difficile da affrontare.

In Giappone, riteniamo che ora si possa guadagnare di più con il forex piuttosto che con i tassi giapponesi. Di conseguenza, all’inizio di questa settimana siamo passati a una view di massima convinzione sullo yen rispetto all’euro, in previsione di un cambiamento di politica alla riunione della BoJ della prossima settimana. Nei mesi a venire, riteniamo che EUR/JPY possa scendere fino a 145, da livelli superiori a 160 oggi.

 

GUARDANDO AVANTI

La prossima settimana è una settimana di vacanza negli Stati Uniti, ma non ci aspettiamo che sia una settimana tranquilla. Nei prossimi giorni ci sarà molto rumore da Washington e sarà interessante vedere l’impatto sui mercati, sia nazionali sia esteri.

Al momento, abbiamo appiattito gran parte del rischio sui tassi globali in tutte le strategie, con una riduzione delle posizioni corte sui JGB che compensano le piccole posizioni lunghe sui tassi in mercati come Norvegia, Islanda e Ungheria. Anche il rischio di credito direzionale rimane vicino al posizionamento più basso degli ultimi tre anni.

Di conseguenza, i livelli di rischio complessivi rimangono bassi e le principali opportunità in cui abbiamo una forte convinzione sono attualmente espresse nel FX, più che nei tassi o nel credito. Riteniamo che questo ci permetta di essere ben posizionati per reagire alla volatilità dei mercati, qualora dovessero verificarsi delle dislocazioni nelle prossime settimane.

Inoltre, in un momento di incertezza politica, prima dell’ascesa di Trump, ci sembra che quest’anno ci saranno altri momenti in cui sarà possibile investire con maggiore convinzione e senso di certezza.

Nel frattempo, è stata incoraggiante la notizia del cessate il fuoco a Gaza negli ultimi giorni, che si spera ponga fine a un periodo angosciante di conflitto. Per molti aspetti, Trump si sta già prendendo il merito della pace e potrebbe sembrare probabile che l’Ucraina sarà una rapida area di attenzione della politica estera. In questo caso, una “pace disordinata” sembra un risultato plausibile nei prossimi due mesi, mentre Trump cerca di esercitare la sua influenza.

Altrove, sarà interessante vedere come si svolgeranno le cose in Groenlandia. Potrebbe sembrare che l’amministrazione entrante si preoccupi poco del cambiamento climatico (come la Cina e l’India) e quindi presuma che siamo sulla strada di un mondo più caldo di 2,5° (dimenticate la retorica di 1,5° – quella nave è salpata molto tempo fa).

Stando così le cose, gli Stati Uniti presumono che la calotta polare si sciolga (con le scuse a qualche orso polare) e quindi la Groenlandia è strategicamente un campo di battaglia in termini di controllo dell’Artico e delle risorse della regione, con la Cina che potrebbe puntare a un’espansione opportunistica.

Nel frattempo, la Danimarca potrebbe protestare che la Groenlandia non è in vendita, ma nel mondo di Trump, ciò che vuole, ottiene. Forse è solo un peccato che non voglia comprare il povero Regno Unito.

 

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