Tra inflazione e crescita: il futuro dei bond unconstrained
In questo inizio d’anno, è la convergenza di fattori economici, fiscali e politici ad influenzare i mercati del reddito fisso: le dinamiche dell’inflazione sono in continuo mutamento, il Dipartimento del Tesoro americano è alla ricerca di un nuovo equilibrio tra condizioni fiscali e monetarie, mentre l’insediamento della seconda amministrazione Trump porta con sé conseguenze rilevanti... Leggi tutto
In questo inizio d’anno, è la convergenza di fattori economici, fiscali e politici ad influenzare i mercati del reddito fisso: le dinamiche dell’inflazione sono in continuo mutamento, il Dipartimento del Tesoro americano è alla ricerca di un nuovo equilibrio tra condizioni fiscali e monetarie, mentre l’insediamento della seconda amministrazione Trump porta con sé conseguenze rilevanti in termini politici ed economici.
Una serie di elementi che non potrà non riflettersi sulla traiettoria dei mercati finanziari e, in particolare, obbligazionari, dopo anni di ottimismo in cui i prezzi degli asset hanno toccato i massimi storici, la crescita è stata robusta sia in termini reali che nominali e il mercato del lavoro è rimasto sano, nonostante una fase di normalizzazione.
Su questo quadro, l’aumento dei prezzi continua a gettare un’ombra potenzialmente destabilizzante: dopo essere stata data per “morta” nel terzo trimestre del 2024, sul finire dell’anno l’inflazione è tornata a farsi sentire. Con l’arrivo del 2025, diverse misure annualizzate a tre mesi sembrano suggerire un ritorno dell’inflazione, mentre le misure annualizzate a sei mesi sembrano lasciare qualche speranza.
Anche la Federal Reserve, a partire dallo scorso dicembre, ha espresso disagio per l’aumento dei prezzi, spostando il focus dal mercato del lavoro al contenimento dell’inflazione. Le dinamiche che regolano i mercati obbligazionari possono evolversi in modo sia ciclico che strutturale: i cambiamenti ciclici possono essere rapidi, rendendo inutili le previsioni, aumentando l’incertezza e alimentando la volatilità degli asset finanziari; i cambiamenti strutturali, al contrario, richiedono solitamente tempi più lunghi prima di svelare colpi di scena inaspettati.
Ad oggi, i policymaker statunitensi si trovano ad affrontare una complessa combinazione di spinte cicliche e strutturali che hanno messo a dura prova le previsioni e reso la politica monetaria convenzionale meno efficace. Ad esempio, forze cicliche come la normalizzazione delle catene di approvvigionamento, i picchi di produttività e i prezzi contenuti delle materie prime giocano, in genere, a favore di prezzi più stabili.
Al contrario, forze strutturali come la deglobalizzazione, le tensioni geopolitiche e l’aumento del deficit fiscale generano spesso inflazione. Senza contare i temi legati a dazi, immigrazione e politiche a favore delle imprese che, con l’insediamento di Trump, sono tornati in primo piano. Un mix di fattori che richiederà alla Fed un’attenta valutazione delle priorità e, probabilmente, il mantenimento di una politica monetaria più restrittiva di quanto previsto in precedenza per preservare l’equilibrio del mercato obbligazionario.
In questo contesto, la nomina di Scott Bessent, investitore, manager di hedge fund ed esperto di tendenze macroeconomiche globali, come nuovo Segretario al Tesoro americano segna un’inversione di rotta rispetto al background accademico di Janet Yellen ed è stata accolta con ottimismo dai mercati finanziari, complici le aspettative di politiche di crescita e fiscali.
Negli ultimi mesi, le dichiarazioni pubbliche di Bessent hanno sottolineato l’importanza di una svolta politica per guidare l’economia statunitense verso un futuro più sostenibile, in grado di resistere alla volatilità del ciclo economico, mantenere la stabilità dei prezzi, favorire la crescita dei salari reali e garantire pari opportunità per tutte le fasce demografiche. E, soprattutto, tenere l’inflazione sotto controllo, un obiettivo comune a Bessent e Powell, nonostante le rispettive strategie potrebbero divergere in modo significativo.
In più di un’occasione, Bessent ha criticato l’eccessivo allentamento delle condizioni finanziarie, una tesi apparentemente in contrasto con il consenso generale del mercato, secondo cui l’eccessiva restrittività dell’attuale politica monetaria potrebbe portare a un deterioramento del mercato del lavoro Usa e al rallentamento della crescita.
Il motivo di questo contrasto risiede nel fatto che oggi l’economia statunitense è meno sensibile alla politica della Fed e al livello dei tassi d’interesse di riferimento rispetto ai cicli passati, poiché l’attuale ciclo economico è stato guidato dall’aumento dei redditi e dei salari piuttosto che del debito, grazie anche ai bilanci sani delle famiglie e delle imprese statunitensi.
In particolare, il rapporto debito/Pil delle famiglie statunitensi è ai livelli più bassi degli ultimi quindici anni, mentre il saldo netto degli interessi delle imprese statunitensi come quota del reddito al netto delle imposte è addirittura al livello più basso degli ultimi 60 anni.
Di conseguenza, gli indicatori tradizionali di politica monetaria, come la cd Regola di Taylor (che adegua i tassi d’interesse all’inflazione e al divario di produzione economica), nel contesto attuale potrebbero essere meno utili. Nel terzo trimestre del 2023 e nel terzo trimestre del 2024, l’economia Usa ha mostrato segnali di rallentamento dell’attività e di calo delle aspettative di crescita. In entrambi questi periodi, le attese del mercato si sono orientate in modo deciso verso un nuovo ciclo di tagli della Fed, un indirizzo sposato dallo stesso Powell, che ha segnalato misure di allentamento imminenti (vedi grafico sotto).
Di conseguenza, i tassi d’interesse sono calati, i prezzi delle attività sono aumentati e abbiamo assistito ad un allentamento delle condizioni finanziarie. Tutto questo ha dato nuovo impulso alla crescita, mentre le misure dell’inflazione sono salite a livelli incompatibili con l’obiettivo della Fed.
Questa risposta ha poi costretto la banca centrale statunitense a modificare il suo atteggiamento dovish aumentando i tassi d’interesse. Bessent potrebbe cercare di interrompere questo circolo vizioso inasprendo i tassi di interesse.
Lo strumento principale su cui il nuovo Segretario del Tesoro potrebbe fare leva è un approccio più equilibrato all’emissione di debito, che faccia più affidamento sul debito a lungo termine, in opposizione alla strategia di Yellen di fare affidamento sull’emissione di debito a breve termine in un periodo non recessivo, una scelta che, secondo Bessent, ha contribuito all’allentamento delle condizioni finanziarie, minando la sostenibilità dell’economia statunitense.
Un cambio di rotta che porterebbe all’inasprimento delle condizioni finanziarie, dal momento che i prezzi degli asset (soprattutto azioni e immobili) sono più sensibili ai tassi di interesse a lungo termine. Gli effetti probabili sarebbero riduzione della domanda, crescita più lenta e inflazione più contenuta, portando verosimilmente al taglio dei tassi d’interesse da parte della Fed e al conseguente alleggerimento degli oneri della spesa per il pagamento degli interessi da parte degli Usa.
Deregolamentazione, taglio delle imposte sulle imprese ed uso strategico delle tariffe come strumento di negoziazione sono gli elementi che oggi definiscono la strategia economica degli Usa di Trump. Le spese in conto capitale e le attività di M&A hanno registrato un’impennata, così come le assunzioni, i consumi e le prospettive di crescita: una ricetta che nel 2016 ha alimentato il rialzo dei prezzi degli asset, spingendoli a nuovi massimi.
Oggi, gli esperti si domandano se la seconda presidenza Trump porterà agli stessi risultati della prima sul piano economico. Per sette trimestri su otto, la crescita negli Usa si è mantenuta al di sopra del 5% in termini nominali e al di sopra del 2,5% in termini reali. E oggi i prezzi degli asset (inclusi i titoli azionari e le abitazioni) sono vicini ai massimi storici, mentre gli spread creditizi sono ai minimi degli ultimi vent’anni e, secondo alcuni, l’economia Usa non avrebbe bisogno di maggiore crescita, anzi potrebbe addirittura beneficiare di un rallentamento della stessa.
La vittoria repubblicana alle elezioni del 2024 è in parte da ricondurre proprio al fatto che gli elettori abbiano dato priorità all’economia, in particolare alla lotta all’inflazione, piuttosto che all’apprezzamento degli asset o alla crescita. Tuttavia, mentre i dati relativi a crescita e mercato del lavoro suggeriscono che l’economia americana non sia in difficoltà, i livelli di inflazione restano ben al di sopra di quelli registrati nel 2016.
Il risultato ideale sarebbe che la nuova amministrazione Trump mantenesse un approccio equilibrato, combinando misure orientate alla crescita, come riduzione delle tasse e deregolamentazione, con politiche mirate a rafforzare le condizioni finanziarie e a contenere l’inflazione, passando per temi caldi per gli elettori come immigrazione e politica estera. Una combinazione che potrebbe contribuire a mitigare lo scarso entusiasmo legato ad un contesto favorevole ai prezzi degli asset durante il primo anno della nuova amministrazione.
Resta da chiedersi se la nuova coalizione sarà in grado di contenere l’inflazione a scapito della crescita, mantenendo fede alla promessa chiave fatta alla classe media in campagna elettorale e ristabilendo l’ordine sui mercati.
In conclusione, il mercato obbligazionario si trova a un punto di svolta: gli ultimi due anni sono stati caratterizzati da crescita solida, occupazione stabile e prezzi degli asset da record. Tuttavia, occorre anche fare i conti con un’inflazione ancora elevata e con la volatilità del mercato obbligazionario.
In questo scenario, il team Unconstrained Bond di Payden & Rygel prevede un potenziale colpo di scena, in cui i rendimenti obbligazionari potrebbero salire prima di poter scendere. Un aumento dei rendimenti, in particolare per le scadenze più lunghe, inasprirebbe le condizioni finanziarie e ridimensionerebbe le aspettative di crescita: da qui la preferenza del team per una minore esposizione alla parte lunga della curva dei rendimenti e, viceversa, una maggiore esposizione alla parte anteriore della curva, con i tassi di interesse a 2 anni appena al di sopra del Fed Funds Rate e allineati alla funzione di reazione della Fed a qualsiasi deterioramento del mercato del lavoro o della crescita.
Nell’ambito del credito, Payden ritiene che il nuovo corso politico americano possa essere di supporto per la stabilità degli spread di credito e per tassi di default favorevoli, pertanto il team rimane costruttivo sul credito societario di qualità superiore e su alcuni segmenti del debito dei mercati emergenti, nonostante le valutazioni siano storicamente basse. Serve, invece, più cautela sui settori sensibili all’aumento dei rendimenti a lungo termine, come il settore immobiliare commerciale e altri segmenti rivolti ai consumatori.
A cura di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel
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