Se buttiamo sempre più i nostri soldi in cose senza valore è perché non crediamo più nel futuro

Il nichilismo economico è “una filosofia di investimento che vede l’oggetto della speculazione come intrinsecamente privo di valore”. In altre parole, non si investe in qualcosa perché si crede che qualcosa abbia un valore che può aumentare nel tempo, ma al contrario perché si crede che niente abbia più valore. Segno di una crisi del capitalismo, un sistema economico ingolfato che non è più in grado di produrre né innovazione né progresso, ma solo ricchezza per pochi. L'articolo Se buttiamo sempre più i nostri soldi in cose senza valore è perché non crediamo più nel futuro proviene da THE VISION.

Jan 23, 2025 - 15:05
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Se buttiamo sempre più i nostri soldi in cose senza valore è perché non crediamo più nel futuro

Nel 2009, quando aveva 28 anni, l’economista Demetri Kofinas scoprì di avere un raro tumore al cervello, il craniofaringioma. Si tratta di un tumore benigno che si forma nel feto durante la gravidanza e che può avere conseguenze molto gravi sulla salute, ma anche nessuna. Infatti, fino a quel momento Kofinas era stato bene, ma negli anni successivi alla diagnosi cominciò a presentarsi un effetto collaterale importante: perse quasi completamente la memoria. A 30 anni, si comportava come una persona anziana con l’Alzheimer. Aveva smesso di riconoscere i suoi parenti, non ricordava nulla di quello che aveva appena fatto o detto, ma riusciva a ricordarsi bene episodi della sua infanzia. All’epoca lavorava nel settore tecnologico e fu costretto a licenziarsi, anche perché non capiva più come funzionassero o cosa fossero i dispositivi con cui aveva a che fare quotidianamente. Decise quindi di sottoporsi all’intervento per togliere il tumore e sperare di tornare a una vita normale.

Recuperate le funzioni cognitive, Kofinas si ritrovò catapultato in una realtà completamente nuova, di cui aveva perso quasi una decina d’anni. Il presidente degli Stati Uniti non era più Barack Obama (anche se, durante la sua amnesia, era convinto si trattasse di Denzel Washington), ma Donald Trump, che per lui era solo un imprenditore milionario diventato star dei reality show. Oltre che sottoporsi a una lunga riabilitazione fisica, Kofinas doveva venire a capo di una società che gli sembrava non seguisse più le regole che aveva imparato studiando economia alla New York University, quando aveva sviluppato convinzioni politiche libertarie. All’epoca aveva imparato che il mercato si autoregola, ma ora questa teoria gli sembrava confutata da un capitalismo apparentemente impazzito, che non seguiva nessuna logica. Nel 2020, chiamò questo nuovo scenario “nichilismo finanziario”.

Con questa espressione, Kofinas si riferisce a “una filosofia di investimento che vede l’oggetto della speculazione come intrinsecamente privo di valore”. In altre parole, non si investe in qualcosa perché si crede che qualcosa abbia un valore che può aumentare nel tempo, ma al contrario perché si crede che niente abbia più valore. Gli investimenti non sono dettati da nient’altro che dalla prospettiva di arricchirsi facilmente e velocemente. Chiunque investa è spinto non solo dalla prospettiva di un guadagno, ma anche da una narrazione che convince a comprare certe azioni e non altre perché in qualche modo rappresentano un’idea di futuro. Secondo Kofinas, però, oggi questa componente narrativa ha preso il sopravvento e non riguarda più l’hype per un particolare prodotto o settore, ma per il mercato nella sua totalità. Si tratta di una narrazione nichilista, quasi apocalittica: il futuro è un’illusione, niente importa, quindi tanto vale diventare ricchi nel frattempo.

I principali sostenitori di questa filosofia sembrano essere i giovani e in particolare i nati fra il 1997 e il 2012, cresciuti in un clima di profonda sfiducia nei confronti delle istituzioni e del domani. Contrariamente a quanto si pensa, si tratta di una generazione molto più ricca se confrontata, per esempio, con quella dei Millennial che ha subito in prima persona gli effetti negativi della crisi del 2008. Il benessere della Gen Z sembra però derivare solo da due condizioni: aver ereditato la propria ricchezza dalle generazioni precedenti e avere una maggior propensione a investire. Il paradigma con cui vengono realizzati questi investimenti non è però quello “classico” di un rendimento a lungo termine del proprio capitale, di una vera e propria scommessa di cui non viene valutato alcun rischio, se non quello di diventare ricchi nel breve termine.

A questo proposito, oltre che di nichilismo finanziario si è cominciato infatti a parlare di nichilismo economico, che non interessa solo chi gioca in borsa, ma più in generale il rapporto che si ha con i soldi. Negli ultimi anni da un lato c’è stata un’esplosione delle app di trading, delle criptovalute e delle meme stock, che hanno democratizzato ma anche banalizzato gli investimenti, dall’altro, si è diffuso un atteggiamento di disillusione nei confronti del denaro. Rateizzare un pagamento di 50 euro o non riuscire a mettere da parte un euro per la pensione potrebbe sembrare una semplice questione di irresponsabilità, magari legata alla giovane età, ma in realtà è sintomo di un problema più profondo, legato non solo al fatto che un giovane uomo o una giovane donna faticano a pagare l’affitto con i salari attuali, ma di una visione del mondo in cui non vale più la pena pensare al domani. La Gen Z è stata soprannominata la generazione che “compra tutto e non possiede niente” e che pensa ai soldi in termini di “vibes” e non come a qualcosa che fa realmente la differenza nella vita di una persona o di una società. 

A conferma di questa assenza di visione a lungo termine, che impedisce di elevare la propria condizione sia con il lavoro che con gli investimenti tradizionali, la Gen Z sembra avere una significativa propensione per le scommesse. Secondo l’osservatorio di Nomisma sui comportamenti dei giovani, il 37% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni ha giocato d’azzardo nell’ultimo anno e il 14% è un “frequent user”, cioè gioca più di una volta a settimana. Il 64% delle giocate si sono svolte online e riguardavano soprattutto scommesse sportive. La diffusione del gioco tra i giovani è legata alla pressione sociale, al comportamento dei genitori, ma anche e soprattutto alla sempre maggiore disponibilità di canali con cui giocare online, dove si passa buona parte della giornata. La gamification ha portato molte interazioni su Internet a basarsi sul concetto del gioco d’azzardo, normalizzandone la logica: basti pensare ai pop-up sugli e-commerce che consentono di vincere coupon facendo girare una ruota della fortuna. In questo caso non si perdono soldi, ma in molti altri sì: la popolare app di day trading Robinhood al momento dell’iscrizione offre un’azione gratis, che l’utente può scegliere girando una delle tre carte coperte. Scelta la carta, l’utente deve rivelare cosa gli è capitato in sorte toccando lo schermo col dito, come se stesse grattando la patina di un gratta e vinci.

Sono in molti a credere che il day trading sia una vera e propria forma di gioco d’azzardo. A differenza degli investimenti tradizionali, che in linea di massima funzionano perché al netto delle varie crisi il mercato è sempre cresciuto nel tempo, il day trading si basa sulle sue oscillazioni giornaliere: se un buon investimento tradizionale è il risultato di un mix tra abilità e fortuna, nel day trading l’ago della bilancia pende quasi solo a favore della fortuna. E, come nel gioco d’azzardo classico, sono pochi a vincere la lotteria: in uno studio condotto sui traders brasiliani, è risultato che solo l’1,1% ha registrato in un anno rendimenti netti medi superiori al salario minimo locale. La maggior parte degli investitori, scrive Bloomberg, avrebbe guadagnato di più con un lavoro tradizionale dalle 9 alle 5. Ma è forse proprio la prospettiva poco allettante di un lavoro tradizionale dalle 9 alle 5 a rendere queste soluzioni facili così attrattive per i giovani, e non perché – come vuole l’ormai tanto diffusa cantilena – “i giovani non hanno più voglia di rimboccarsi le maniche”, ma perché hanno smesso di credere che abbia senso farlo. Infatti, secondo la giornalista economica Elizabeth Lopatto, Robinhood è riuscita a “trovare un modo per monetizzare sul nichilismo finanziario”, ponendosi anzitutto come un’alternativa “democratica” all’unico modo di arricchirsi legalmente senza lavorare, cioè il mercato azionario. 

In realtà, questa presunta democratizzazione non riguarda tutta la Gen Z in maniera indistinta, ma un gruppo sociale abbastanza ristretto, che è quello dei maschi giovani e bianchi: negli Stati Uniti, per esempio, il 90,5% dei day traders sono maschi e il 66,3% sono bianchi. “I comportamenti finanziari di uomini e donne sono da sempre profondamente diversi e risentono della socializzazione genderizzata che avviene sia nelle famiglie che nella scuola”, spiega a THE VISION l’economista Azzurra Rinaldi, specializzata in questioni di genere. “Gli uomini manifestano una maggiore propensione al rischio, perché anche loro subiscono il male gaze, ovvero lo sguardo degli altri uomini. In questa prospettiva, mostrarsi finanziariamente temerari si traduce, ancora una volta, in una prova di virilità. Delle donne, al contrario, si è sempre detto che fossero avverse al rischio, perché fragili e inadatte all’ambiente, anche se in realtà i più recenti studi di finanza comportamentale mostrano che essere caute e non imbarcarsi in rischi eccessivi spinte dalla smania di performance è segno di intelligenza, non solo emotiva, ma anche economico-finanziaria”. 

Se, come sostiene Kofinas, il nichilismo economico è alimentato dal nichilismo sociale, la sua diffusione tra i maschi giovani e bianchi può essere interpretata come un altro esempio della percezione di una “crisi della mascolinità” che sta attraversando questa generazione e che la sta rendendo sempre più conservatrice. Secondo l’economista Santiago Niño-Becerra, il nichilismo economico sarebbe però anche segno di una crisi del capitalismo, un sistema economico ingolfato che non è più in grado di produrre né innovazione né progresso, ma solo ricchezza per pochi. In effetti, molte iniziative nate sotto questo segno, come le criptovalute, erano state concepite come una risposta dal basso allo strapotere delle élite, ma presto sono state fagocitate proprio da quel sistema che volevo combattere. In questo senso, il nichilismo finanziario diventa una profezia che si autoavvera: il futuro è un’illusione, niente importa, quindi tanto vale diventare ricchi nel processo. Solo che a diventare ricchi per davvero sono sempre gli stessi.

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