La verità nascosta delle miniere sudafricane: il video choc che svela la tragedia dei minatori abbandonati nel sottosuolo
Un “massacro sponsorizzato dallo Stato” o una “dura, necessaria battaglia” contro l’estrazione illegale? La domanda, drammatica e risuonata nelle ultime settimane, nasce da una realtà molto concreta: la miniera d’oro illegale di Buffelsfontein, a Stilfontein, nel Sudafrica nord-occidentale, dove sono emersi 78 cadaveri e 246 superstiti nell’arco di tre giorni, tra il 13 e il...
Un “massacro sponsorizzato dallo Stato” o una “dura, necessaria battaglia” contro l’estrazione illegale? La domanda, drammatica e risuonata nelle ultime settimane, nasce da una realtà molto concreta: la miniera d’oro illegale di Buffelsfontein, a Stilfontein, nel Sudafrica nord-occidentale, dove sono emersi 78 cadaveri e 246 superstiti nell’arco di tre giorni, tra il 13 e il 16 gennaio 2025. La vicenda, già definita da alcuni come la più grande tragedia sotterranea degli ultimi decenni, ha tenuto col fiato sospeso un intero Paese e aperto profonde divisioni fra sostenitori della linea dura e voci che denunciano violazioni dei diritti umani.
La repressione e l’assedio: che cosa è successo
Tutto è iniziato ad agosto 2024, quando la polizia sudafricana ha accerchiato la miniera abbandonata di Buffelsfontein, luogo in cui si praticava l’attività di “zama zamas” – un termine locale che significa “rischiare” e che indica i minatori clandestini. Da allora, secondo le accuse mosse da gruppi sindacali e comunitari, le forze dell’ordine avrebbero attuato una tattica estrema: chiudere i rifornimenti di cibo e acqua, obbligando i minatori a venire in superficie per poi arrestarli.
Nonostante il governo sudafricano sostenga che fosse “un’operazione necessaria per combattere la criminalità organizzata e difendere l’economia”, alcuni osservatori hanno condannato i metodi adottati, definendoli una vera e propria strategia di assedio, che avrebbe provocato “sofferenza e morte fra persone disperate”. In una nota diramata alla stampa, la Federazione sindacale sudafricana ha parlato di “gente lasciata morire nelle profondità della terra”, a due chilometri di profondità.
I numeri di una tragedia
A partire da agosto 2024, più di 1.500 minatori sono riusciti a fuggire dalla rete di gallerie sotterranee in modo autonomo, finendo tuttavia in manette per estrazione illegale e immigrazione clandestina. Il momento più drammatico si è verificato tra il 13 e il 16 gennaio 2025, quando la magistratura ha imposto un intervento di soccorso, culminato con il recupero di 78 corpi senza vita e 246 sopravvissuti.
Le immagini delle operazioni hanno fatto il giro dei media: una gabbia metallica cilindrica, calata a oltre due chilometri di profondità, saliva e scendeva a ripetizione, portando alla luce corpi e superstiti allo stremo. “Abbiamo messo i cadaveri nei sacchi a mani nude”, ha raccontato Mzwandile Mkwayi, un volontario del luogo, a Reuters. Molti dei sopravvissuti, provati da settimane senza scorte, sono apparsi emaciati e disorientati.
Il ruolo delle bande e il timore di un massacro dimenticato
Secondo fonti governative, le miniere abbandonate in Sudafrica sarebbero in gran parte sotto il controllo di reti criminali violente, che sfruttano minatori migranti in cerca di un guadagno disperato. Senza regole di sicurezza, la vita di questi lavoratori vale spesso meno di una pepita d’oro estratta in condizioni pessime. Stilfontein non è un caso isolato: l’estrazione illegale è un problema di vasta portata e, secondo il Ministro delle Miniere Gwede Mantashe, avrebbe sottratto oltre 3 miliardi di dollari all’economia del Paese solo nell’ultimo anno.
Eppure, mai come in questo caso si erano viste accuse così pesanti di “crimini contro l’umanità”. “Fornire cibo, acqua o beni di prima necessità a queste persone”, ha dichiarato il portavoce nazionale della polizia Athlenda Mathe, “equivarrebbe a permettere alla criminalità di prosperare”. Le autorità, dal canto loro, ribadiscono di aver creato punti di uscita sicuri e di non aver mai impedito ai minatori di lasciare i tunnel.
L’indignazione della società civile
“Mentre i ministri definivano quest’operazione una ‘guerra all’economia’, la comunità di Khuma e i volontari scendevano nel sottosuolo per soccorrere i nostri fratelli” ha spiegato un rappresentante della società civile locale in un’intervista televisiva. Il mancato soccorso tempestivo e la rimozione parziale delle carrucole e del sistema di risalita avrebbero contribuito, secondo le voci critiche, ad alimentare il bilancio delle vittime.
Particolarmente dura è la posizione del sindacato GIWASU, che ha parlato di “massacro sponsorizzato dallo Stato” e di “disumanizzazione di esseri umani poveri e disperati”. A rincarare la dose è intervenuto anche il secondo partito politico più grande del Sudafrica, la Democratic Alliance, che ha chiesto l’apertura di un’inchiesta indipendente. Nel mirino ci sono l’operato della polizia e le responsabilità delle autorità che, prima del recente intervento forzato, avrebbero acconsentito a un vero e proprio assedio per mesi.
L’operazione di soccorso e il limite delle responsabilità
Con l’ordine del tribunale, il governo è stato costretto ad organizzare una missione di salvataggio formale, affidando parte delle operazioni ai “Mines Rescue Services (MRS)”. Le squadre di volontari, supportate da tecnici specializzati, hanno ispezionato chilometri di gallerie allagate e malsane. Giovedì 16 gennaio, la polizia ha riferito di aver concluso le ricerche “senza trovare più nessuno rimasto sottoterra”. Restano però dubbi su quanti corpi possano giacere ancora nelle zone più remote dei cunicoli, inaccessibili anche alla gabbia di soccorso.
La posizione del governo
Il governo sudafricano, tramite il NATJOINTS (National Joint Operational and Intelligence Structure), aveva rilasciato una dichiarazione il 29 dicembre 2024 per chiarire la propria posizione sulla situazione dei minatori illegali a Stilfontein.
Nella dichiarazione, il governo ha sottolineato che i minatori hanno la capacità di uscire dai tunnel in modo indipendente e che la loro emersione ritardata sembra essere una tattica per eludere l’arresto. Ha inoltre contestato le affermazioni secondo cui i minatori sarebbero rimasti senza cibo per mesi, affermando che le prove suggeriscono che hanno avuto accesso alle scorte alimentari.
Il governo ha difeso la propria decisione di non fornire aiuti ai minatori, sostenendo che ciò equivarrebbe a “facilitare le attività illegali”. Ha ribadito il proprio impegno a “sostenere lo stato di diritto” e a garantire la sicurezza e il trattamento umano delle persone che scelgono di emergere. Il NATJOINTS ha anche evidenziato la complessità dell’operazione di salvataggio, sottolineando la profondità del pozzo (2 km) e la necessità di acquisire risorse e competenze specializzate. Ha inoltre difeso la decisione di non far guidare l’operazione alla polizia, sostenendo che non ha l’esperienza necessaria.
Infine, il governo ha invitato tutti i minatori illegali a presentarsi volontariamente e a collaborare con le forze dell’ordine per garantire la loro sicurezza e il loro benessere.
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