Fineco AM, l’outlook 2025
A cura di Lorenzo Di Pietrantonio, Responsabile Investimenti di Fineco AM L’S&P500 chiude il 2024 con uno dei migliori risultati degli ultimi 100 anni e con rendimenti a dir porco brillanti. Nonostante i timori legati alle valutazioni degli indici, nulla sembra distogliere l’attenzione degli investitori dall’azionario statunitense, dato ancora per favorito anche per il... Leggi tutto
A cura di Lorenzo Di Pietrantonio, Responsabile Investimenti di Fineco AM
L’S&P500 chiude il 2024 con uno dei migliori risultati degli ultimi 100 anni e con rendimenti a dir porco brillanti. Nonostante i timori legati alle valutazioni degli indici, nulla sembra distogliere l’attenzione degli investitori dall’azionario statunitense, dato ancora per favorito anche per il 2025. Le aspettative legate alla nuova amministrazione repubblicana stanno infatti guidando il sentiment di mercato, nella convinzione che la nuova presidenza Trump alimenterà quell’animal spirit tipico dell’economia americana, sempre più impegnata a preservare il suo ruolo centrale nello scacchiere internazionale.
Non andrebbero però sottovalutati anche gli altri mercati. L’Europa ad esempio potrebbe rappresentare un’occasione alle valutazioni correnti se saprà superare le difficoltà legate all’economia, mentre il Giappone è nelle condizioni di confermare i segnali di ripresa e non è da escludersi che la Cina possa riservare, in termini relativi, sorprese positive.
Le principali incertezze a questo scenario, però, dipendono da una parte dalle scelte della Federal Reserve e dall’altra dall’effettiva implementazione delle politiche economiche favorite dalla nuova presidenza Trump. I dati sul lavoro e sull’inflazione che tardano a normalizzarsi, sembrano infatti mettere in dubbio la riduzione dei tassi. Allo stesso tempo, le attese di una diminuzione del carico fiscale e di una deregolamentazione alimentano la fiducia per una ripresa dell’economia statunitense. Diventeranno di conseguenza cruciali gli effetti delle decisioni che prenderà la nuova amministrazione repubblicana sui temi più controversi della campagna elettorale, a partire dalla questione dei dazi sulle importazioni. Il neopresidente aveva indicato un livello pari al 100% del valore delle merci in arrivo dalla Cina, ridotto fino al 10-20% per le economie occidentali: tutto dipenderà dall’esito dei negoziati.
Un ulteriore argomento critico riguarda la politica fiscale degli Usa. Trump ha ipotizzato di ridurre fino al 15% le tasse sulle imprese che producono sul territorio statunitense, e questo avrà certamente conseguenze sul deficit. L’intenzione è quella di stimolare il mercato del lavoro, incoraggiando gli investimenti, ma è ancora incerto se tali misure riusciranno o meno a raggiungere lo scopo. Anche perché la promessa di espellere tutti gli immigrati clandestini “a partire dal primo giorno di mandato” riguarderebbe circa 2 milioni di lavoratori, e potrebbe ridurre la disponibilità di manodopera in settori fondamentali per gli Stati Uniti come i servizi, l’edilizia e l’agricoltura.
L’ultima questione, particolarmente rilevante per l’Europa, è legata al ritorno di Trump sulla scena politica mondiale. Un suo intervento per mettere fine alla guerra in Ucraina avrebbe come effetto immediato un risparmio per il bilancio Usa, alleggerito dal peso degli aiuti militari inviati a Kiev, mentre i paesi dell’Unione europea potrebbero beneficiare di una riduzione dei costi dell’energia. Tuttavia nel medio termine un accordo troppo favorevole alla Russia innescherebbe un programma di investimenti su larga scala nel settore della difesa, a cui si aggiungerebbero quelli legati alla ricostruzione: capire come verrebbero finanziati tali progetti, e se l’Ue sarà in grado di ripetere lo sforzo comune che portò durante la pandemia alla nascita del Pnrr, influirà in maniera decisiva sulle prospettive dell’economia continentale.
Nell’attesa che il quadro si schiarisca, è auspicabile cogliere le opportunità offerte dai diversi scenari ipotizzati esponendo i portafogli ad un mix bilanciato di settori in crescita come i servizi di comunicazione o l’ambito software, e segmenti difensivi che oggi vengono valutati su livelli interessanti, come i beni di prima necessità, infrastrutture energetiche e società minerarie aurifere, che trarrebbero vantaggio da un eventuale ritorno dell’inflazione.
Approfondendo l’analisi a livello geografico, il punto di partenza è rappresentato da quelle aree del mercato azionario Usa che potrebbero beneficiare maggiormente dalle proposte dell’amministrazione Trump. In particolare si segnalano le società a media capitalizzazione, le banche meglio posizionate per una ripresa dell’attività sui mercati dei capitali, settori energetici e industriali, oltre alle società tecnologiche in prima fila nello sviluppo dell’AI. Considerato che si tratta di segmenti dove le valutazioni medie sono elevate, il suggerimento è di approcciare il mercato azionario con piani di accumulo, con acquisti graduali e con un’ottica di medio-lungo termine.
Per il momento, infatti, l’egemonia dei flussi passivi negli indici e negli ETF favorisce i titoli tecnologici a grande capitalizzazione, ma è bene tenere presente che questi potrebbero rapidamente invertirsi e che agli investitori potrebbe essere richiesto di ridurre l’esposizione per quelle aree di mercato.
Per quanto riguarda le obbligazioni societarie, invece, il segmento Investment Grade sembra ancora presentare il miglior rapporto rischio rendimento, mentre è bene adottare un approccio improntato alla selettività per i titoli High Yield, che tuttavia potrebbero attrarre gli investitori più propensi al rischio: se la crescita economica si rivelasse superiore alle attese, infatti, la maggiore facilità di accesso ai capitali potrebbe supportare il segmento. In generale, risultano più attraenti i titoli finanziari rispetto a quelli non finanziari, e in particolare il settore bancario. Stessa cosa vale per i non ciclici rispetto ai ciclici, limitando l’esposizione verso i settori come auto e retail che risentono per primi dell’incertezza dello scenario economico.
Proprio le deludenti previsioni macro hanno penalizzato l’azionario europeo, con gli investitori intimoriti dalla crescita limitata, l’inflazione che continua a restare su livelli consistenti, gli alti costi dell’energia e la scarsa competitività che si aggiungono all’incertezza politica. Un quadro in grado di appesantire le Borse del Vecchio continente, ma che potrebbe offrire delle opportunità: la prima conseguenza è che l’azionario in Europa offre le valutazioni più interessanti in senso assoluto, e se l’Ue avviasse un programma di stimoli consistente si aprirebbero ampi spazi di crescita.
Su questo punto molto dipenderà dalle prossime elezioni in Germania: la possibilità che un nuovo governo tedesco guardi con maggiore favore agli investimenti rispetto al passato schiuderebbe nuove prospettive per la crescita europea, in attesa che lo scenario politico in Francia si stabilizzi.
La seconda conseguenza è che, nella situazione attuale, l’Europa si fa preferire agli Stati Uniti dal punto di vista dei bond governativi, in particolare per quanto riguarda l’Italia. I titoli di Stato del nostro paese offrono ancora una buona combinazione tra rendimento e potenziale consolidamento degli spread rispetto alla Germania, grazie a un contesto ad oggi più stabile.
Per quanto riguarda l’Asia, infine, il Giappone si propone come un contesto in grado di offrire buone opportunità, grazie alle valutazioni interessanti e al fatto che le società giapponesi dispongono di molta liquidità che stanno restituendo agli azionisti. Diversa invece la situazione della Cina, a causa del rallentamento dell’economia e delle maggiori restrizioni imposte dal governo. Nessuna di queste problematiche è stata risolta definitivamente e, soprattutto tra gli investitori Usa, la Cina ormai non rappresenta più un’opzione valida. Tuttavia i prezzi delle società cinesi di alta qualità sono scesi fino a livelli molto interessanti, e potrebbero essere prese in considerazione dai risparmiatori più aperti al rischio.
In un’ottica di ottimizzazione di portafoglio di medio-lungo periodo, il mercato delle commodity si segnala come elemento aggiuntivo di diversificazione, in particolare per quanto riguarda oro e rame. Il primo è il bene rifugio per eccellenza, e continua a ricoprire il ruolo di ancora strategica nella diversificazione dei portafogli. Il rame invece è determinante nelle infrastrutture per le energie rinnovabili, nella produzione di veicoli elettrici e nell’aggiornamento delle reti: una posizione ideale per sfruttare l’aumento della domanda per una crescita sostenibile nel lungo periodo.
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