Elite Type 75, la Lotus col portellone
All’inizio degli Anni 70 Lotus trasforma la produzione in chiave più lussuosa ma con la sportività tipica del brand. Il primo passo del nuovo corso è la Elite Type 75:, design Shooting Brake sconvolgente, perfetto spirito Lotus ma prestazioni non esaltanti L'articolo Elite Type 75, la Lotus col portellone proviene da Veloce.
La prima serie della Lotus Elite – o Type 14 – è prodotta dal 1957 al ’60 e, sebbene concepita come modello stradale, la sua filosofia le fa presto prendere la via delle corse. Del resto non c’è da stupirsi: motore Coventry-Climax da 75 CV, carrozzeria in fibra di vetro e solo 673 kg di peso. Ma nella seconda parte degli Anni ’60 Colin Chapman inizia a ragionare sulla opportunità di produrre anche una Gran Turismo più “glamour”, posizionata più in alto rispetto alla produzione Lotus del periodo. Leader tra le scuderie di Formula 1 (con tre Mondiali vinti alla data del 1968), Lotus è consapevole di potersi confrontare ad armi pari con Jaguar, Porsche, Maserati e Ferrari anche su strada, ma serviva un modello completamente nuovo per salire di grado. Del resto le Lotus avevano una percezione “quasi da kit car” ed era perciò necessario dare maggiore personalità al catalogo e consistenza a tutti i modelli.
WEDGE DESIGN. A dire il vero questo processo era già in atto. Dalla introduzione della Lotus Elan +2 Chapman aveva già manifestato l’intenzione di espandersi a nuovi segmenti di clientela ma l’ambizione era andare ben più in là. E così una volta definiti gli obiettivi si costruisce il team tecnico. Fin dall’inizio si pensa a una coupé con quattro posti sulla linea della Reliant Scimitar GTE. Alla squadra si aggiungono anche Mike Kimberley (che diventerà Amministratore Delegato) e Tony Rudd (già ingegnere presso la BRM); è quest’ultimo a proporre, contemporaneamente, un modello con motore anteriore e uno con unità posteriore per sostituire l’Europa e la Elan +2. In questo processo di sviluppo, il design finale elaborato da Oliver Winterbottom è il primo aspetto della nuova vettura a essere deliberato, con una forma tipicamente a cuneo (o “wedge” all’inglese).
DEFINIZIONE DEI CONTENUTI. Allo sviluppo partecipa anche lo stesso Chapman con le direttive di base per telaio e sospensioni. Nella primavera del ’71 i concetti si definiscono con precisione e nel giro di qualche settimana il primo modellino in scala del progetto M50 è pronto. Ma prima di avere il via libera definitivo del fondatore è necessario superare l’esame dell’aerodinamica. Dopo numerosi test e simulazioni all’impianto M.I.R.A. e alla Specialised Models di Hountingdon il semaforo verde è rilasciato: se lo schema meccanico segue la filosofia della Casa il design è qualcosa di inedito nei modelli Lotus concepiti fino a quel momento.
TELAIO. L’architettura di base è un classico telaio a monotrave centrale vestito con una carrozzeria in fibra di vetro. Le sospensioni prevedono all’anteriore un’architettura con triangoli superiori e bracci laterali inferiori davanti e bracci laterali dietro. Sono abbinati a molle elicoidali e ammortizzatori telescopici. L’impianto freni consiste, curiosamente, in dischi anteriori e tamburi posteriori. Di serie sono montati cerchi da 13” con pneumatici da 185 cm. A richiesta sono disponibili ruote da 14” con gomme da 205.
CARROZZERIA. Il nuovo modello avrebbe inaugurato un inedito sistema di produzione con l’utilizzo di un processo di stampaggio dei pannelli mediante iniezione di resina dal vuoto. La “pelle esterna” sarebbe stata composta dall’unione di due metà: una superiore, una inferiore; queste, incollate tra loro attraverso una congiunzione piuttosto evidente lungo tutta la carrozzeria, avrebbero consentito le economie di scala necessarie a produrre due automobili (come effettivamente avviene con la futura Elite e la Eclat).
DESIGN. Si tratta di una classica forma Shooting Brake ma con una personalità senza dubbio sconvolgente nella storia del design di Hethel. Il frontale, con fari a scomparsa, è aggressivo e affilato come la Ferrari 365 GT/4 BB, le Maserati Bora e Merak, la Lamborghini Countach e l’Iso Rivolta Varedo. Colpisce l’andamento della forma all’altezza del montante A: dove si diparte il parafango, in corrispondenza della porta, questa discende all’altezza dello specchietto e percorre in linea retta il bordo superiore fino a incontrare il montante B: qui comincia delicatamente a salire fino a incurvarsi e incontrare, sulla parte sommitale, il lungo tetto discendente con cui si raccorda. Il portellone in vetro, inclinato, presenta una spessa cornice metallica ed è infulcrato sulle voluminose staffe. È possibile, in proposito, creare un accostamento con la Lamborghini Espada di Bertone. Ma non c’è storia: il design della M50 rompe qualsiasi schema in merito all’originalità. Il grande scudo paraurti in plastica incornicia imponenti fari di forma rettangolare. A snellire le proporzioni della coda sono chiamati gli sportivi scarichi singoli che fuoriescono sotto lo scudo.
RITARDI NELLO SVILUPPO. Dopo il primo “rush” iniziale si producono notevoli ritardi a causa delle sovrapposizioni con l’articolato programma che riguarda tutto il catalogo. Al Salone di Torino del ’72, infatti, è presentato il prototipo della coupé con motore centrale allestito dall’Italdesign. In quell’occasione Chapman incontra Giugiaro e gli affida gli interni della M50. L’input è di creare uno spazio identico al cockpit della prima senonché la progettazione richiede un anno di lavoro al costo di un grave ritardo. Alla fine del ’72 il prototipo della nuova Lotus Elite è completato.
INTERNI. Grazie all’aiuto dell’Italdesign viene progettato un abitacolo spazioso per quattro nel corpo vettura di una 2+2. Lo spazio è arredato secondo il tipico gusto Anni 70 di fattura britannica: superfici squadrate, abbondanza di velluto. Le porte sono equipaggiate di barre anti-intrusione, una prima assoluta voluta dalle normative americane. Il volante, piuttosto inclinato, ha due sole razze ed è corredato di strumentazione completa. Il grande tunnel centrale rende le sedute un po’ infossate mentre i sedili posteriori, nonostante tutto, offrono un certo livello di comfort. Nella parte più avanzata del grande tunnel centrale si erge la massiccia plancia verticale con leva del cambio e i controlli dei “servizi” (ventilazione, stereo e vetri). L’ulteriore sorpresa viene dal vano bagagli, molto spazioso grazie al layout shooting brake.
MOTORE. Nella nuova Lotus Elite avrebbe debuttato un inedito propulsore, un 4 cilindri bialbero di 1973 cc con 155 CV. Lo sviluppo è in parte finanziato dalla Jensen, per la quale la fabbrica produce in accordo una versione meno potente per la Healey e con 140 cavalli.
LA PRESENTAZIONE. Il lancio è previsto per marzo ’74 ma a causa delle agitazioni industriali non si vede prima del mese di maggio e inizia la commercializzazione nel gennaio 1975. La Lotus Elite è, listini alla mano, il modello più costoso di tutto il listino britannico.; d’altra parte il periodo è ricco di difficoltà e incertezze a causa della crisi del petrolio che provoca rincari ovunque, benzina inclusa. Tuttavia è indubbio che vendere un modello con motore V6 o V8 (secondo le fonti questo sarebbe stato il contenuto del progetto iniziale) sarebbe stato ben più problematico. L’Elite entra sul mercato con una disponibilità di quattro versioni: la 501, allestimento base, è equipaggiata con cambio meccanico a 4 marce e dichiara un peso di circa 1.020 kg. Scatta da 0 a 60 miglia orarie in 8”1 e raggiunge le 125 miglia (201 km/h) di velocità massima. La 502 è equipaggiata con cambio a 5 marce e aria condizionata; l’Elite 503 è equipaggiata con aria condizionata e servosterzo e la top di gamma, la “504” monta il cambio automatico.
IL GIUDIZIO DEI TEST. Nei test su strada la stampa specializzata non ha dubbi nel definirla un’autentica Lotus: ottima guidabilità, carattere, grande assetto e inaspettata comodità a dispetto del suo posizionamento. Dove si muovono critiche, invece, è sul lato della qualità costruttiva e delle prestazioni, giudicate mediocri rispetto alla meccanica (motore soprattutto, sotto tono a causa dei pochi cavalli erogati).
L’EVOLUZIONE. Nel 1980 il Salone dell’Auto di Birmingham accoglie il restylingn, noto anche come Lotus Elite Type 83. Il telaio riceve un trattamento galvanico ed è introdotto un nuovo 4 cilindri di 2174 cc con 160 cavalli e una curva di coppia con erogazione più continua. Il motore è abbinato a una nuova trasmissione Getrag con innesti più confortevoli. La produzione si chiude nel 1982 con una produzione complessiva di circa 2550 esemplari.
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