Dai combustibili fossili ai bitcoin: i legami profondi dietro la promozione delle criptovalute
Negli Stati Uniti una fitta rete di interessi da parte di gruppi legati al settore dei combustibili fossili spinge verso politiche favorevoli alle criptovalute L'articolo Dai combustibili fossili ai bitcoin: i legami profondi dietro la promozione delle criptovalute proviene da Valori.
Mentre Trump firma i primi ordini esecutivi, subito dopo il suo secondo insediamento come presidente degli Stati Uniti, un’inchiesta di The Levers punta i fari su una proposta controversa che potrebbe avere profonde implicazioni per i contribuenti statunitensi e l’ambiente: l’idea di creare riserve governative di bitcoin.
Trump ha dichiarato di voler rendere gli Stati Uniti la «capitale mondiale delle criptovalute». In un voltafaccia intervenuto in pochissimi anni, considerando che lo stesso neo-presidente definiva bitcoin «a disaster». Ma cosa c’è dietro questo cambiamento?
L’iniziativa di rendere bitcoin una riserva, promossa da gruppi legati all’industria dei combustibili fossili e sostenuta da alcune figure politiche di spicco, rappresenta un tentativo di legittimare e istituzionalizzare l’uso delle criptovalute a livello governativo. La proposta prevede che i governi, sia a livello federale che statale, investano miliardi di dollari, attingendo a fondi pubblici e pensionistici, nell’acquisto di bitcoin. Ovvero la principale delle criptovalute, che presenta una elevata volatilità e un impatto ambientale significativo, per via di una produzione energivora. Questa mossa non è solo una questione finanziaria, ma si intreccia con temi ambientali, politici e di gestione delle risorse pubbliche. L’iniziativa sta prendendo piede in diversi Stati americani, con proposte di legge già in fase di discussione. E gruppi di interesse che premono per una sua rapida implementazione.
I promotori delle crypto: l’intricata rete di interessi economici e politici
Dietro la promozione delle riserve di bitcoin si celano potenti interessi politici ed economici. Gruppi di promozione delle criptovalute come il Satoshi Action Fund stanno spingendo con forza per convincere governi federali e statali ad adottare bitcoin. Questo gruppo, tuttavia, ha legami profondi con il Koch Network, un consorzio di aziende legate ai combustibili fossili. E con la Heritage Foundation, un think tank conservatore noto, tra l’altro, per il suo sostegno alle politiche anti-ambientali. I suoi dirigenti provengono da background che forniscono molte indicazioni: alcuni hanno lavorato per gruppi come Americans for Prosperity, un comitato politico fondato dai magnati dei combustibili fossili, mentre altri hanno ricoperto ruoli chiave nell’amministrazione Trump, particolarmente in posizioni legate alle politiche ambientali. Le loro motivazioni dichiarate includono la lotta all’inflazione e la riduzione del debito pubblico. Ma gli esperti sottolineano come queste argomentazioni potrebbero essere semplicistiche e potenzialmente fuorvianti, come vedremo.
Cynthia Lummis, i finanziamenti dal settore delle cripto e una proposta di legge controversa
Tra i principali sostenitori delle riserve di bitcoin troviamo anche politici influenti, come la senatrice Cynthia Lummis, che ha ricevuto donazioni significative dal settore delle criptovalute. Durante l’ultima legislatura, Lummis ha ricevuto più di 47mila dollari in donazioni da una manciata di importanti esponenti del settore, nonostante non stesse affrontando la rielezione, secondo i dati federali esaminati da The Lever.
Il suo disegno di legge richiederebbe al governo federale di acquistare circa il 5% della riserva totale di bitcoin in un periodo di cinque anni. Il governo potrebbe quindi vendere i bitcoin dopo averli detenuti per almeno 20 anni, a meno che non vengano utilizzati per «ritirare il debito federale in sospeso». La Blockchain Association e il DeFi Education Fund, due gruppi di promozione delle criptovalute, hanno speso 730mila dollari per fare lobbying sul disegno di legge Lummis e altre iniziative in un solo trimestre del 2024, secondo le informative sulle lobby esaminate da The Lever.
Una strategia coordinata per spingere bitcoin nei bilanci pubblici
Oltre alla proposta di legge federale, il Satoshi Action Fund ne ha promosse altre in diversi Stati, spesso con testi quasi identici, evidenziando una strategia coordinata per spingere bitcoin nei bilanci pubblici. Cinque Stati, New Hampshire, North Dakota, Ohio, Pennsylvania e Texas, hanno già introdotto una legislazione che condivide quasi letteralmente il linguaggio con la legislazione modello prodotta dal Satoshi Action Fund nel settembre 2024.
Questa influenza politica solleva interrogativi sull’obiettività delle decisioni legislative e sui rischi che i contribuenti sono chiamati a sostenere. Il mining di bitcoin e le riserve pubbliche non sono solo un tema finanziario o tecnologico, ma rappresentano anche una battaglia politica tra interessi privati e beni pubblici. La retorica di innovazione finanziaria e crescita economica nasconde spesso motivazioni meno nobili, come il desiderio di deregolamentare i mercati o accumulare profitti privati a spese della collettività.
Conseguenze economiche e rischi per i contribuenti
La proposta di creare riserve governative di bitcoin solleva infatti serie preoccupazioni economiche e finanziarie. Il piano prevede l’investimento di ingenti somme di denaro pubblico in un asset notoriamente volatile: nel solo aprile 2024, il bitcoin ha registrato un calo del 15% in un singolo giorno, causando perdite per 367 miliardi di dollari nel mercato delle criptovalute.
Gli esperti finanziari sottolineano come, a differenza degli investimenti tradizionali, i bitcoin non generano dividendi regolari e il loro valore può essere realizzato solo attraverso la vendita. Questo rappresenta un rischio significativo per i fondi pubblici, specialmente in momenti di crisi economica quando gli Stati potrebbero essere costretti a vendere in perdita.
Inoltre, il rischio di concentrazione è elevato: il 2% degli account detiene oltre il 90% dei bitcoin in circolazione. Il che rende il mercato particolarmente vulnerabile a manipolazioni. Manipolazioni i cui effetti negativi, in caso di crolli, potrebbero essere amplificati generando ripercussioni su tutto il sistema finanziario. Si pensi alla proposta di legge della Pennsylvania, che permetterebbe l’investimento fino al 10% dei fondi statali in bitcoin, e che è stata criticata come «altamente rischiosa» dagli esperti del settore, che avvertono come una tale esposizione potrebbe compromettere la stabilità finanziaria dello Stato.
Impatto ambientale e sfide energetiche
Il mining di bitcoin, il processo di generazione di nuove monete virtuali, ha un impatto ambientale considerevole. Questo avviene poiché per “minare” bitcoin occorre risolvere complessi problemi computazionali, che richiedono l’uso continuo di server sempre più potenti ed energivori. Secondo un rapporto del Dipartimento dell’Energia, i minatori di bitcoin negli Stati Uniti hanno consumato circa 70 terawattora di elettricità nel 2023, superando il consumo energetico dell’intero stato del New Jersey.
Questo utilizzo massiccio di energia, spesso generata da fonti non rinnovabili come carbone e gas naturale, contribuisce significativamente alle emissioni di gas a effetto serra e alla crisi climatica. Inoltre, sta mettendo a dura prova le infrastrutture pubbliche e i servizi di pubblica utilità in molti Stati.
Il rischio di destabilizzazione della rete elettrica
Nonostante le affermazioni dei sostenitori del bitcoin secondo cui il mining potrebbe aiutare a ridurre le tariffe energetiche e stabilizzare le reti elettriche, l’evidenza suggerisce il contrario. In alcune aree, il mining ha causato un aumento delle bollette elettriche per i contribuenti, con un incremento medio di 8 dollari mensili per famiglia. Inoltre gli esperti del settore energetico, particolarmente in Texas, hanno espresso preoccupazione per la potenziale destabilizzazione della rete elettrica dovuta alle attività di mining. Questo impatto ambientale ed energetico rappresenta un costo nascosto significativo delle riserve di bitcoin, che si aggiunge ai rischi finanziari diretti per i contribuenti.
Un governo dichiaratamente suprematista, lobby dei combustibili fossili intrecciate con quelle che promuovono le crytpo, denaro dei contribuenti e dei risparmiatori dei fondi pensione messo in gioco per accumulare bitcoin (con un enorme rischio di generare profitti privati e perdite pubbliche), un consumo energetico fuori controllo, con la “benedizione” di chi produce combustibili fossili. Quello tratteggiato dall’inchiesta di The Lever, è un quadro piuttosto preoccupante che richiede la massima attenzione, perché il conto, salatissimo, potrebbero pagarlo gli ignari cittadini con il proprio denaro (quello delle imposte e quello accantonato per le pensioni) e l’ambiente sempre più a rischio di cambiamenti irrimediabili.
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