Chiarimenti sulla valutabilità dei titoli dei candidati, anche se non dichiarati
lentepubblica.it Ecco alcuni chiarimenti sulla valutabilità dei titoli di preferenza posseduti dai candidati ancorché non dichiarati nella domanda di partecipazione al concorso: focus a cura di Marcello Lupoli. In materia di concorsi pubblici i titoli di preferenza ex art. 5 del D.P.R. n. 487/1994 sono valutabili dalla P.A. nell’ipotesi in cui gli stessi, ancorché non dichiarati […] The post Chiarimenti sulla valutabilità dei titoli dei candidati, anche se non dichiarati appeared first on lentepubblica.it.
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Ecco alcuni chiarimenti sulla valutabilità dei titoli di preferenza posseduti dai candidati ancorché non dichiarati nella domanda di partecipazione al concorso: focus a cura di Marcello Lupoli.
In materia di concorsi pubblici i titoli di preferenza ex art. 5 del D.P.R. n. 487/1994 sono valutabili dalla P.A. nell’ipotesi in cui gli stessi, ancorché non dichiarati dal candidato nella domanda di partecipazione, siano comunque posseduti all’atto della stessa e prodotti nei termini previsti dalla lex specialis del bando in caso di superamento delle prove selettive.
È questo, in sintesi, il principio affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza 3 dicembre 2024, n. 9667 resa dalla Quinta Sezione.
Il caso
I supremi giudici amministrativi di Palazzo Spada sono stati chiamati a decidere sul gravame proposto da Roma Capitale avverso la pronuncia resa dal giudice amministrativo di primo grado, con la quale era stato accolto il ricorso proposto da un candidato avverso la graduatoria definitiva di merito del concorso pubblico finalizzato al conferimento di posti, a tempo pieno e indeterminato nel profilo professionale di funzionario avvocato, cat. D –posizione economica D1– Famiglia Economico– Amministrativo e Servizi di Supporto e la relativa determinazione di approvazione nella parte in cui non era stato considerato il titolo di preferenza da costui posseduto (figlio minore a carico).
In particolare, in punto di fatto, l’amministrazione banditrice della predetta selezione pubblica ha fatto presente che l’appellato, risultato idoneo, dalla data di presentazione della domanda di partecipazione sino alla scadenza del termine per modificare, integrare o sostituire la stessa, ha avuto circa nove mesi di tempo durante i quali non si è avveduto di non avere dichiarato di volersi avvalere del titolo di preferenza e soltanto dopo l’espletamento della prova concorsuale ha inviato a mezzo PEC la documentazione attestante il possesso del titolo di preferenza e successivamente ha inviato la dichiarazione sostitutiva attestante il possesso del suddetto titolo.
Tanto premesso dal punto di vista fattuale, l’amministrazione appellante ha censurato l’interpretazione dell’art. 16 del D.P.R. n. 487/1994 seguita dal giudice di prime cure, secondo cui il candidato potrebbe far valere il titolo di preferenza anche nell’ipotesi in cui non lo abbia dichiarato in sede di domanda di partecipazione, nonostante il chiaro tenore letterale della citata disposizione, non ritenendo, altresì, avere natura materiale o comunque scusabile l’errore in cui è incorso l’appellato in sede di compilazione della domanda di partecipazione al concorso.
Valutabilità dei titoli dei candidati, ancorché non dichiarati
Il gravame interposto non è stato ritenuto fondato dai giudici di Piazza Capo di Ferro, con conseguente reiezione dello stesso e conferma della pronuncia resa dal giudice di prime cure.
Ed invero, la sentenza appellata – dopo avere rappresentato che il giudice di primo grado “ha dato atto che il candidato ‘per mero errore materiale, non ha compilato correttamente il modulo di domanda di partecipazione al concorso’, spuntando ‘nell’apposita casella contenuta nel riquadro riservato al possesso dei titoli preferenziali … ‘NO’, anziché ‘SI’” – ha condiviso l’approdo ermeneutico dato alle disposizioni recate dal D.P.R. n. 487/1994 dal giudice di prime cure, secondo cui i titoli di preferenza, indicati nell’art. 5 del citato D.P.R., sono valutabili sebbene non dichiarati nella domanda di partecipazione, ma posseduti all’atto della stessa ed esibiti nei termini previsti dal bando in caso di superamento delle prove selettive.
Tale interpretazione rinviene la sua ratio nella “constatazione che mentre i titoli di merito, ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 487/1994, sono valutati dalla commissione ‘dopo le prove scritte e prima che si proceda alla correzione dei relativi elaborati’, con conseguente necessità della loro indicazione già in sede di domanda di partecipazione, i titoli di preferenza non sono oggetto di esame da parte della commissione giudicatrice, ma vengono in considerazione solo dopo lo svolgimento delle prove selettive, al momento della redazione della graduatoria di merito, come confermato dal tenore dell’art. 16 del citato d.P.R. n. 487/1994”, atteso che i “titoli di preferenza non sono oggetto di esame da parte della commissione giudicatrice, ma intervengono nella redazione della graduatoria, solo nell’ipotesi in cui più candidati conseguano il medesimo punteggio per titoli e per merito, nel rispetto dell’ordine previsto dall’art. 5 del d.P.R. n. 487/1994 che ha carattere tassativo”.
Sulla base delle richiamate considerazioni la sentenza in disamina ha, altresì, rammentato che anche la giurisprudenza dei giudici di Palazzo Spada “ha chiarito che la previsione del bando che impone l’onere di indicare i titoli di preferenza nella domanda di partecipazione non è in contrasto con il principio di non aggravamento del procedimento amministrativo, ma deve essere coordinata con le caratteristiche proprie dei titoli di preferenza che hanno la finalità di superare le situazioni di parità”, osservando, in particolare, che “la circostanza che i titoli di preferenza non possono essere valutati prima della formazione della graduatoria rende evidente come la loro considerazione non è suscettibile di arrecare alcuna violazione al principio della par condicio tra i candidati”.
Ne consegue che “la previsione del bando che richiede l’indicazione del possesso del titolo già nella domanda di partecipazione non è necessariamente di ostacolo alla valutazione dello stesso, a maggior ragione nelle ipotesi in cui non sia espressamente previsto che tale omessa comunicazione, ne escluda la valutazione”.
Le conclusioni dei giudici amministrativi
Applicando le predette coordinate giurisprudenziali alla fattispecie concreta, il Consiglio di Stato, con il dictum de quo, ha osservato che “il semplice inciso ‘già dichiarati nella domanda’ non è sufficiente […] a impedire la valutazione del titolo di preferenza pacificamente già posseduto dall’appellato che ha provveduto a comunicare a mezzo PEC la documentazione attestante il possesso dello stesso […] nel rispetto del termine perentorio di 15 giorni dall’espletamento della prova orale, nonché ha inviato […] al Dipartimento organizzazione e risorse umane di Roma Capitale la relativa dichiarazione sostitutiva”.
In conclusione, le censure avanzate dall’Amministrazione appellante avverso la sentenza di primo grado non sono state ritenute degne di accoglimento, con l’effetto che quest’ultima è stata condivisa dai supremi giudici amministrativi di Piazza Capo di Ferro, “per avere annullato la determinazione di mancata valutazione del titolo di preferenza, assunta nei confronti dell’appellato”, “considerato che né i principi che regolano le procedure concorsuali né la normativa vigente in materia né il bando di concorso prevedono la necessità di comunicazione già all’atto di partecipazione al concorso del possesso del titolo preferenziale quale elemento fondamentale, determinante la perdita del titolo medesimo”.
Il testo della sentenza
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