Cessate il fuoco a Gaza, venerdì l’ok di Israele? La frenata di Netanyahu, i veleni su Hamas, l’ira dell’ultradestra: cosa sta succedendo

Rinviata di un giorno la riunione decisiva del gabinetto di sicurezza israeliano. Hamas respinge le accuse, Netanyahu media con gli alleati L'articolo Cessate il fuoco a Gaza, venerdì l’ok di Israele? La frenata di Netanyahu, i veleni su Hamas, l’ira dell’ultradestra: cosa sta succedendo proviene da Open.

Jan 16, 2025 - 20:31
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Cessate il fuoco a Gaza, venerdì l’ok di Israele? La frenata di Netanyahu, i veleni su Hamas, l’ira dell’ultradestra: cosa sta succedendo

Dovrebbe diventare ufficiale domani, venerdì 17 gennaio, l’accordo di cessate il fuoco a Gaza tra Israele e Hamas. L’intesa che consentirà la graduale liberazione degli ostaggi, il rientro nel nord della Striscia dei civli sfollati e l’ingresso di ingenti aiuti umanitari è già stato annunciata in via ufficiale mercoledì sera da chi lo ha reso possibile: il Qatar, con il premier Tamim bin Hamad al-Thani, e gli Usa, sia con il presidente eletto Donald Trump (che si è intestato il successo per primo) sia con quello uscente Joe Biden (che lo ha superato in formalità convocando un’apposita conferenza stampa). Eppure oggi per tutta la giornata l’accordo è sembrato tornare di nuovo pericolosamente in bilico. Già, perché questa mattina l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha accusato Hamas di aver causato una “crisi dell’ultimo minuto” rinnegando parti dell’accordo raggiunto «nel tentativo di estorcere ulteriori concessioni», e ha pertanto rinviato la riunione del governo israeliano chiamata a votare l’intesa. Il gabinetto «non si riunirà finché i mediatori non comunicheranno a Israele che Hamas ha accettato tutti gli elementi dell’accordo», aveva tuonato lo staff di Netanyahu. Accusa respinte come «prive di alcuna base» dal movimento islamista. Quale che fosse la verità, alla fine della giornata di giovedì è emerso che l’attesa riunione – o per lo meno quella del gabinetto di sicurezza – è stata ricalendarizzata: per venerdì mattina. I disaccordi tra Israele e Hamas «sono stati risolti», ha spiegato una fonte israeliana ad Haaretz. Che però sottolinea come ancora non siano stati convocati i ministri per la riunione dell’esecutivo al completo. Il ministero della Difesa ha confermato comunque che sta preparando il terreno per l’accoglienza degli ostaggi che dovrebbero cominciare ad essere liberati da domenica 19 gennaio, data in cui dovrebbe – il condizionale resta d’obbligo – entrare in vigore il cessate il fuoco (alle 12.15 ora locale, le 11.15 italiane).

Il veto dell’ultradestra di Smotrich

Nolti in Israele sospettano che dietro la frenata di Netanyahu si celasse soprattutto la necessità di prendere tempo per convincere gli alleati riottosi, quelli che rappresentano coloni e altre frange oltranziste del Paese. È noto infatti che Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader dell’ultradestra religiosa, ha definito pericoloso l’accordo con Hamas, annunciando che i suoi ministri avrebbero votato contro. Netanyahu avrebbe quindi tentato di ricucire durante la notte per garantire il passaggio dell’accordo e soprattutto la tenuta del governo. Il partito di Smotrich, Sionismo religioso, ha poi fatto sapere che è disposto a votare a favore dell’intesa raggiunta, e dare fiducia all’esecutivo attuale, solo se il premier promette di riprende il conflitto contro Hamas al termine della prima delle tre fasi previste nell’accordo. Il ministro delle Finanze vuole ricevere l’impegno del primo ministro per iscritto, riferisce Ynet. Intanto i familiari degli ostaggi hanno fatto sapere che per loro, se l’intesa di cessate il fuoco e scambio prigionieri dovesse naufragare, c’è solo un responsabile. «Né Hamas né Ben Gvir, ma Benjamin Netanyahu, sarà responsabile di qualsiasi ulteriore ostacolo al ritorno degli ostaggi», ha dichiarato l’associaizone, «l’accordo deve essere avviato immediatamente in tutte le sue fasi». L’inizio della tregua è previsto per domenica 19 gennaio.

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