Il profondo discorso dell’attivista indigena Rigoberta Menchú Tum è un grande insegnamento (da ascoltare e riascoltare)

Rigoberta Menchú Tum, attivista guatemalteca e vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 1992, è nota per il suo impegno nella difesa dei diritti dei popoli indigeni e nella lotta contro l’oppressione e la discriminazione. Nel corso di un’intervista per il podcast Más Allá del Rosa, Menchú Tum ha affrontato un tema profondo e...

Jan 17, 2025 - 13:17
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Il profondo discorso dell’attivista indigena Rigoberta Menchú Tum è un grande insegnamento (da ascoltare e riascoltare)

Rigoberta Menchú Tum, attivista guatemalteca e vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 1992, è nota per il suo impegno nella difesa dei diritti dei popoli indigeni e nella lotta contro l’oppressione e la discriminazione. Nel corso di un’intervista per il podcast Más Allá del Rosa, Menchú Tum ha affrontato un tema profondo e universale: la povertà umana, intesa come impoverimento spirituale e morale, è spesso più grave di quella materiale.

Secondo Menchú Tum, molte persone raggiungono posizioni di grande potere e ricchezza, ma non utilizzano queste risorse per il bene comune. Invece di agire per migliorare la vita degli altri, si perdono nell’avidità e nell’egoismo, privandosi della soddisfazione di contribuire a qualcosa di significativo. Questo fenomeno è una manifestazione della povertà umana, che si manifesta nella mancanza di compassione, empatia e umanità. Queste le sue parole:

Quante persone sono morte, con miliardi di denaro, perché non hanno fatto qualcosa che avrebbe dato loro qualcosa da fare, perché non hanno fatto qualcosa che avrebbe dato loro una soddisfazione di dire: ho aiutato un bambino, un giovane, due, tre, quattro, nel mio quartiere, nella mia colonia, intorno a me.

L’uso distruttivo delle risorse

La sua riflessione arriva all’interno del podcast che si propone di dare visibilità alle problematiche sociali che interessano il Messico e l’America Latina, promuovendo una riflessione profonda su temi spesso trascurati si concentra sulla disumanizzazione globale, un problema non legato alla mancanza di leadership o risorse economiche, ma alla perdita di valori fondamentali. Menchú Tum sottolinea l’importanza di un cambiamento interiore: per poter migliorare il mondo, ciascuno deve prima trasformare se stesso. Solo attraverso un risveglio della coscienza e della generosità possiamo iniziare a influenzare positivamente gli altri e la società.

Nel suo discorso, Menchú Tum critica l’uso distruttivo delle risorse, come la creazione di armi di distruzione di massa, e si chiede se esista davvero un’arma capace di umanizzare l’essere umano. La risposta, per lei, risiede nella riscoperta dell’umanità che ognuno di noi ha dentro di sé.

Coltivare la propria coscienza, secondo l’insegnamento di sua madre, è fondamentale. La coscienza è un tesoro inestimabile, una guida che non può essere ingannata e che ci spinge a fare ciò che è giusto:

Mia madre diceva sempre: “Puoi ingannare tutte le persone che ti stanno davanti, ma non ingannerai mai te stesso. La tua coscienza non ti ingannerà mai.

Menchú Tum invita dunque tutti a riflettere sulla propria umanità e a impegnarsi per superare la povertà spirituale. Non importa quanto si possieda materialmente; ciò che conta è la ricchezza interiore, la capacità di essere generosi e compassionevoli. Solo così possiamo costruire un mondo migliore, basato sulla solidarietà e sull’umanità.

Chi e Rigoberta Menchú: una vita per i diritti degli oppressi 

Indigena Maya-Quiché, Rigoberta Menchú è nata il 9 gennaio 1959 nel comune di Laj Chimel, nella provincia di San Miguel de Uspantán, nella “terra del mais”, il Guatemala. Cresciuta tra le montagne di Quiché e le fattorie della Costa Sur, ha vissuto fin da bambina le ingiustizie, il razzismo e lo sfruttamento a cui erano sottoposti migliaia di indigeni, costretti a lavorare per un misero salario nelle ricche terre dei latifondisti. Figlia di un attivista per i diritti della terra e di un’esperta in assistenza al parto, Rigoberta ha appreso dai genitori il rispetto per la natura, la sacralità dei luoghi e i valori collettivi della sua comunità.

La povertà la obbligò a cercare lavoro nella capitale, ma la sua forza e determinazione la portarono a organizzare le comunità indigene contro le ingiustizie. Costretta a fuggire dal Guatemala nel 1981 a causa della politica di terrore dello Stato, trovò rifugio in Messico, dove continuò a denunciare il genocidio contro la popolazione Maya. A livello internazionale, divenne una voce fondamentale per la lotta per i diritti umani, partecipando alle sessioni dell’ONU e promuovendo il riconoscimento dei diritti delle popolazioni indigene.

La sua autobiografia del 1987, Mi chiamo Rigoberta Menchú, raccolta dall’antropologa Elisabeth Burgos, attirò l’attenzione mondiale sulle atrocità in Guatemala e le valse il Premio Nobel per la Pace nel 1992. Ambasciatrice dell’UNESCO, ha continuato il suo impegno attivo anche nella politica, candidandosi alle elezioni presidenziali del 2007 in Guatemala. Nonostante i tentativi di processare l’ex dittatore Efraín Ríos Montt per genocidio non abbiano avuto esito, Rigoberta Menchú rimane una figura simbolo di resistenza, giustizia e speranza per le comunità indigene del mondo.

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